Altro che Bibbia, questa si che è una descrizione terribilmente precisa e crudele dell'Apocalisse. E lo fa Stephen King, non uno qualsiasi. Uno scrittore che ha terrorizzato generazioni di lettori, un uomo che ha distrutto le mie notti di adolescente (c'è chi le passa a fare cose oscene e chi come me a leggere, insomma ognuno le passa come meglio desidera, ecco). Non ho ancora letto qualcosa di più coinvolgente ed emozionante dal giorno in cui entrai in una libreria del mio paese (l'unica, a dire il vero) e acquistai una copia di questo immenso capolavoro, ancora oggi integro nella sua bellezza e nella sua capacità di sconvolgere.
Si tratta semplicemente della descrizione della fine del mondo e della lotta che ne segue fra i pochi sopravvissuti. Un virus letale, creato dal governo americano in un laboratorio segreto nel bel mezzo del deserto del Nevada, Stati Uniti, scappa al controllo dell'esercito e si propaga nell'aria come un vento di morte. E' questione di ore: il virus ha un tasso di infettività pari al 99,4% e un tasso di mortalità del 100%. Non esistono vaccini. Gli Stati Uniti vengono ben presto inghiottiti da quello che viene chiamato "Captain Trips", ovvero la "super-influenza". Primi sintomi: appunto una banale influenza. Tosse, occhi pesanti e lucidi, febbre, raffreddore. Col passare delle ore la febbre aumenta, il muco ostruisce le vie respiratorie fino al soffocamento. Nel romanzo non si fa mai esplicito riferimento se Captain Trips si propaga in tutto il pianeta, ma molti indiizi fanno capire che in effetti la situazione è globale e non interessa solo gli Stati Uniti d'America. Il post-apocalisse, con il conseguente tentativo di ricostruire la società, è la rappresentazione vera e propria dell'eterno scontro fra il Bene e il Male: King divide i pochi sopravvissuti (senza mai spiegare il perchè lo sono) fra quelli che decidono di affidarsi alla buona Mother Abgail, una veggente di colore dotata di poteri soprannaturali che vive immersa nei campi di grano e coloro che invece scelgono come loro leader il perfido, crudele, diabolico Randall Flagg, chiamato anche l'Uomo Nero, il Diavolo in persona, anch'egli dotato di poteri extra-sensoriali; un personaggio che troviamo anche in altri racconti di King (nella serie "La Torre Nera" e nel romanzo "Gli occhi del drago") ma che solo in questo romanzo esprime tutto il suo immenso e spietato desiderio di conquistare il mondo.
Nelle oltre mille pagine del romanzo la lotta fra il Bene e il Male è raccontata attraverso il viaggio di molti sopravvissuti, elemento che permette a King di rappresentare un'umanità ormai allo sbando, popolata da persone molto diverse fra di loro. Sono viaggi, questi, meravigliosi, che personalmente seguivo con una mappa degli Stati Uniti mentre leggevo (consiglio di farlo anche a voi per capire meglio l'evolversi degli eventi; a dirla tutta seguivo i diversi viaggi segnandoli sulla mappa con colori diversi per non confondermi, ma penso che non siete tutti schizofrenici come me, dunque non siete obbligati). Descrizioni di paesaggi stupendi, incontri in luoghi da incubo, caratterizzazioni di personaggi indimenticabili (la studentessa incinta Frances Goldsmith, il meraviglioso Stuart Redman, il sordomuto Nick Andros) fanno del romanzo qualcosa che difficilmente si potrà dimenticare.
Il romanzo si chiude con lo scontro finale dei due gruppi di sopravvissuti guidati dai rispettivi leader, uno scontro che si svolge in una Las Vegas deserta e silenziosa. Il fuoco è l'elemento principale di questo scontro, leggere per credere.
"L'ombra dello scorpione" è uscito originariamente nel 1978, con molte pagine in meno, ma nel 1990, 12 anni dopo, Stephen King decise di pubblicare una nuova versione, stavolta integrale, che ovviamente è quella che va presa in considerazione ed è quella che va letta, perchè il racconto di un'Apocalisse e di un'epopea terribile come quella raccontata nel romanzo non può essere sintetizzata in poche parole. Va letta tutta, ma soprattutto, se ci riuscite, va vissuta.
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