Riuscivo a malapena a intravederla su quella sedia, ma non occorreva un raffinato intuito investigativo per rendersi conto che quella poveretta non se la stava passando per niente bene. Percepivo un senso di inquietudine spettrale intorno; soltanto un'anonima parete di piastrelle la separava da ignoti risvolti che non promettevano nulla di buono.
In un attimo sentii i nervi sopraffatti dal veleno dell'indecisione; un viscido e schifosissimo mamba nero mi aveva insidiato il calcagno e lentamente mi stava paralizzando. Provvidenza volle che un barlume di lucidità mi ridestasse dall'infausto torpore, suggerendomi la verosimile eventualità che qualcuno più risoluto di me sarebbe presto tornato a fare compagnia alla mia giovane amica e, in uno slancio di ospitalità quanto mai indesiderato, avrebbe profuso malevoli inviti anche al sottoscritto. Era del tutto lecito aspettarselo.
Proprio come quando un veleno entra in circolo, era solo una questione di tempo. E ne avevo davvero poco per scegliere tra una vergognosa, ma salvifica, omertà e un doveroso e lodevole intervento di aiuto.
Ritenni più opportuna la seconda opzione. Nella peggiore delle ipotesi, sarei stato ricordato per qualcosa di buono.
Non restava che trovare un modo per darsi da fare; il problema era avvicinarsi. Già. Perché quello che vedevo alla mia sinistra era uno di quei cani grossi e arrabbiati, e qualcosa mi diceva che non aveva ancora pranzato. Era altamente probabile che nella mente del grazioso quadrupede-sentinella, una mia timida iniziativa avrebbe sortito un effetto simile al tintinnio del campanello di Pavlov, con un solo inequivocabile significato: "pappa". Niente da fare. Che ci crediate o no, l'idea che il mio collo gli tenesse occupate le zanne non mi entusiasmava neanche un po'.
Intanto, il tempo scorreva inesorabile e l'unica via d'accesso più sicura, per quanto fosse lunga e tortuosa, sembrava essere quel tombino a ridosso del marciapiede. Ero pronto a sorvolare sulla triste sorte delle mie scarpe nuove, ma la paura dei pagliacci era superiore perfino a quella dei topi. E quella Plymouth rossa più in là? Potrebbe contenere qualche indizio. Uhm... meglio evitare. Il solito nefasto presentimento.
La speranza che io potessi fare qualcosa per quella donna stava cedendo il posto alla rassegnazione, quand'ecco che vidi un uomo incamminarsi verso di me. - Ok, ci siamo! - pensavo non senza un po' di agitazione. - Se è lui, sarò lieto di omaggiarlo alla mia maniera -. Naturalmente, non ne avevo la certezza, ma era rassicurante constatare che, malgrado una tenuta da footing alla buona (t-shirt rossa e un paio di calzoni blu scuro, simili a quelli di una tuta di modesta qualità), non doveva essere un tipo particolarmente atletico. Fatto sta che aveva l'aria di essere del posto e sembrava che avessi attirato la sua attenzione. Tiriamo un bel respiro.
«Tutto a posto? È qui fermo da un po'; posso aiutarla?».
Perfetto - pensavo - mi stava osservando e adesso mi vuole gabbare. «In effetti, si. C'è una donna lì, la vede? Qualcuno deve averla leg...»
Non feci in tempo a terminare la frase che lui mi interruppe sicuro di sé, con un sorriso sardonico:
«E lei vede quella deliziosa biondina lì in fondo?».
Mi aveva colto alla sprovvista - Carogna! Avrà catturato anche lei! - pensavo disperato: «Temo di non capire, mi perdoni...»
E lui, con ghigno ancor più malefico: «Di là... vede? Sono 8 e 50 alla cassa! C'è il 25% di sconto. Mohohahahahaha!!!!!!!»
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