WHAT A FUCKING LOVELY JOKE!
La solita vecchia storia.
Uno come Stephin Merritt lo si ama o lo si odia.
Noto ai più per essere Mr.Magnetic Fields, l’uomo delle 69 canzoni d’amore in un triplo cd, affetto da quella frenetica produttività che alcuni associano al genio, è implicato in una quantità di progetti paralleli con nomi diversi. Che testimoniano d’una fertile vena affatto timorosa d’inflazionarsi e di procedere in più direzioni.
Questa volta però il suo nome e la sua faccia, anche se sottoposta ad un trucco che la rende praticamente irriconoscibile, appaiono esplicitamente sulla copertina.
Che, altrettanto esplicita, anticipa nell’immagine lo spirito della nuova bizzarra creatura.
“Showtunes”, selezione di un lavoro su commissione realizzato per il commediografo Chen Shi-Zheng che ne ha tratto tre pieces, è un’ottima occasione per gustare il frutto di un talento poliedrico capace di giocare la carta della leggerezza in un contesto imprevedibile come questo.
Perché i brani sono, in realtà, 26 operette. Elaborate a partire dai testi di “The Orphan Of Zhao” un racconto tradizionale adattato ad opera da Ji Junxiang agli inizi del XIV secolo, da “Peach Blossom Fan”, raccolta di storie d’amore classiche di diversi autori cinesi. E da varie pagine di Hans Christian Andersen.
Sono gli stessi membri di cast ed ensembles originali ad interpretare i quadretti musicali vergati dalla poliedrica penna di Merritt.. In una girandola di suoni e ambientazioni convivono minuscole arie “liriche” e tradizione americana, teatro cinese di epoca Ming e ambientazioni “pop”, voci in falsetto e sapori “country”, sino a tentazioni “Weilliane” o frammenti di una stralunata musica da camera.
Quell’aria divertita e sorniona che serpeggiava in alcune miniature dei Magnetic Fields qui si sposa, a volte, con gli accenni ad una dimensione quasi infantile della filastrocca. A questo si aggiunge la semplicità con la quale, attingendo da una raffigurazione evocativa della tradizione musicale cinese, la proverbiale felicità e leggerezza di tocco consentono di mantenere un equilibrio sempre godibile, in bilico tra parodia e narrazione surreale, anche in virtù della veste minimale degli arrangiamenti.
Come accade per le brevi composizioni, che trovano modo di intrecciare moduli e melodie tanto distanti, anche l’armamentario impiegato nell’esecuzione delle musiche, che non rinuncia alle sonorità già adottate in altri ambiti (quali quelle di banjo, liuto, ukulele e marimbe), si arricchisce di pipa, erhu, jinghu e altri strumenti della tradizione cinese.
Se non avete mai incrociato la personalissima e obliqua produzione di Mr. Magnetic Fields forse non è questo il disco più adatto ad un primo incontro. “69 Love Songs” resta un miracolo che non potete ignorare.
Ma se, come me, avete apprezzato il suo talento nella manifattura di piccole storie in forma di canzoni, concedetevi un salto nel suo “Showtunes”.
In fondo lo potete ascoltare anche come un divertente esercizio ricco di piccole sorprese.
Insomma, riprendendo il titolo (“What A Fucking Lovely Day”) di quella che forse tra tutte le 26 tracce più si avvicina alla consueta accezione del termine canzone, (e che mi son ritrovato subito a canticchiare) gustatelo come si trattasse di uno scherzo.
Si, ma WHAT A FUCKING LOVELY JOKE!
La solita vecchia storia.
Uno come Stephin Merritt lo si ama o lo si odia.
Noto ai più per essere Mr.Magnetic Fields, l’uomo delle 69 canzoni d’amore in un triplo cd, affetto da quella frenetica produttività che alcuni associano al genio, è implicato in una quantità di progetti paralleli con nomi diversi. Che testimoniano d’una fertile vena affatto timorosa d’inflazionarsi e di procedere in più direzioni.
Questa volta però il suo nome e la sua faccia, anche se sottoposta ad un trucco che la rende praticamente irriconoscibile, appaiono esplicitamente sulla copertina.
Che, altrettanto esplicita, anticipa nell’immagine lo spirito della nuova bizzarra creatura.
“Showtunes”, selezione di un lavoro su commissione realizzato per il commediografo Chen Shi-Zheng che ne ha tratto tre pieces, è un’ottima occasione per gustare il frutto di un talento poliedrico capace di giocare la carta della leggerezza in un contesto imprevedibile come questo.
Perché i brani sono, in realtà, 26 operette. Elaborate a partire dai testi di “The Orphan Of Zhao” un racconto tradizionale adattato ad opera da Ji Junxiang agli inizi del XIV secolo, da “Peach Blossom Fan”, raccolta di storie d’amore classiche di diversi autori cinesi. E da varie pagine di Hans Christian Andersen.
Sono gli stessi membri di cast ed ensembles originali ad interpretare i quadretti musicali vergati dalla poliedrica penna di Merritt.. In una girandola di suoni e ambientazioni convivono minuscole arie “liriche” e tradizione americana, teatro cinese di epoca Ming e ambientazioni “pop”, voci in falsetto e sapori “country”, sino a tentazioni “Weilliane” o frammenti di una stralunata musica da camera.
Quell’aria divertita e sorniona che serpeggiava in alcune miniature dei Magnetic Fields qui si sposa, a volte, con gli accenni ad una dimensione quasi infantile della filastrocca. A questo si aggiunge la semplicità con la quale, attingendo da una raffigurazione evocativa della tradizione musicale cinese, la proverbiale felicità e leggerezza di tocco consentono di mantenere un equilibrio sempre godibile, in bilico tra parodia e narrazione surreale, anche in virtù della veste minimale degli arrangiamenti.
Come accade per le brevi composizioni, che trovano modo di intrecciare moduli e melodie tanto distanti, anche l’armamentario impiegato nell’esecuzione delle musiche, che non rinuncia alle sonorità già adottate in altri ambiti (quali quelle di banjo, liuto, ukulele e marimbe), si arricchisce di pipa, erhu, jinghu e altri strumenti della tradizione cinese.
Se non avete mai incrociato la personalissima e obliqua produzione di Mr. Magnetic Fields forse non è questo il disco più adatto ad un primo incontro. “69 Love Songs” resta un miracolo che non potete ignorare.
Ma se, come me, avete apprezzato il suo talento nella manifattura di piccole storie in forma di canzoni, concedetevi un salto nel suo “Showtunes”.
In fondo lo potete ascoltare anche come un divertente esercizio ricco di piccole sorprese.
Insomma, riprendendo il titolo (“What A Fucking Lovely Day”) di quella che forse tra tutte le 26 tracce più si avvicina alla consueta accezione del termine canzone, (e che mi son ritrovato subito a canticchiare) gustatelo come si trattasse di uno scherzo.
Si, ma WHAT A FUCKING LOVELY JOKE!
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