Sono passati ben quattro anni dall'ultima uscita degli Stereophonics, quel "Keep Calm And Carry On" che ha fatto storcere e non poco il naso a critica, fans ed ascoltatori occasionali. E un gap così lungo dovrà pur significare qualcosa.

Se fino a quel 2009, con precisione chirurgica, i gallesi capitanati dal talentuoso Kelly Jones hanno sfornato una nuova fatica ogni due anni, stavolta si sono presi il loro tempo ed i loro spazi, e, a giudicare dai risultati, hanno fatto benone. Se "Keep Calm...", con la sua magniloquenza sfrenata ed un allora nuovo produttore (Jim Abbiss, Kasabian tra gli altri), che di certo non migliorò le cose, riuscì a sfornare solo un paio di episodi degni della fama della band ("Innocent", "She's Alright" e poco altro), stavolta i ragazzi fanno centro pieno.

Innanzitutto, le novità: ritorno ad interim nel ruolo di produttore per Jim Lowe, affiancato al solito da Jones. Un nuovo batterista molto valido, Jamie Morrison, ex Noisettes. Collaborazioni interessanti (la fidanzata di Kelly, che si presta per un riuscito duetto nella dark ballad "Take Me", che suona come se nei The Kills cantasse Rod Stewart e non Jamie Hince) ed importanti (nientemeno che il Maestro David Arnold - per chi non lo sapesse il responsabile delle colonne sonore alla base delle avventure cinematografiche di James Bond/007 - a curare gli archi). Insomma, tanta carne al fuoco, ma cucinata davvero bene.

Partiti da quaranta pezzi tra i quali scegliere, i ragazzi hanno scremato il tutto riducendo l'accurata selezione a dieci canzoni, che sono poi andate a comporre la breve e compatta (vivaddio) tracklist dell'opera. Non inganni la partenza leggermente ingessata con "We Share The Same Sun" (che rimanda agli Snow Patrol meno lagnosi e più energici, vedi parte finale di "Chasing Cars"). Già dalla traccia successiva (la titletrack) si capisce cha stavolta l'impasto è quello giusto: gli arrangiamenti di Arnold lasciano un segno, la melodia è una delle più azzeccate nella carriera del trio gallese, Jones sfodera l'ennesima prestazione vocale da capogiro ed il risultato è l'ennesimo instant classic nella discografia della band. Chapeau. I due singoli fin'ora estratti funzionano e alla grande: "In A Moment" gioca nella strofa con fascinazioni alla Depeche Mode, per poi lasciar distendere nel ritornello una melodia tipicamente "stereofonica", in un bel gioco di voci intrecciate sul finale. "Indian Summer", il singoletto di traino, con la sua andatura alla Gaslight Anthem fa il suo sporco lavoro e lascia il segno come si deve.

Non manca il momento rock ‘n roll con il Foo Fighters appeal di "Catacomb", piazzata strategicamente a metà disco, e seguita dall'attitudine vagamente prog di "Roll The Dice", che con il suo giocare con più di un arrangiamento diverte e non fa pesare l'accentuata schizofrenia melodica. "Violins And Tambourines" (il video del pezzo rappresenta l'esordio alla regia del frontman gallese, che si cimenta dietro la macchina da presa anche per il clip di "In A Moment"), primo assaggio promozionale uscito a fine dell'anno passato, pare prendere la via dell'intimismo per poi esplodere in un intenso crescendo dominato dall'abilità vocale di Jones. Ma la vera perla del disco è la monumentale "Been Caught Cheating", bluesaccio vecchia maniera al confine tra l'ironico e l'ambizioso, il pezzo che i fans del minuto cantante gallese aspettavano da sempre: ecco come avrebbe dovuto suonare il disco solista del 2007. Purtroppo così non è stato. Chiude il tutto una lenta e suggestiva "No-One's Perfect", niente di trascendentale, ma un pertinente ed intenso sipario per un disco molto, molto piacevole.

Gli Stereophonics, insomma, sembrano (all'ottavo album in carriera, non pizza e fichi) aver ritrovato la corsia giusta. Se al prossimo giro dovremo aspettare, come successo stavolta, qualche mese in più, a patto che il risultato sia questo lo facciamo più che volentieri.

Bentornati.

Pezzo migliore: Been Caught Cheating

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