Una luce alienoide alle spalle evidenzia il profilo del nano-leader degli Stereophonics, Kelly Jones, che armato di occhiali da sole trés cool impugna solerte la sua chitarra: questa la copertina (un po'anonima) dell'ultimo lavoro sfornato dal trio gallese alla riscossa.

E così, superate avversità quali crisi interna post abbandono di Stuart Cable e due-tre lavori che lasciavano un po'a desiderare ai pretenziosi fan, ad appena un anno di distanza dall'uscita dell'ultimo album, i fantastici tre non demordono e ritornano con un doppio live che lascia il fan medio con una lacrimuccia di nostalgia dei vecchi tempi e una mera voglia di crederci ancora.

Orbene, iniziamo con “Superman” , uno degli ultimi singoli. Le chitarre ruggiscono, la voce di Kelly striscia come sempre, più rockeggiante di un tempo (eh, per le ballate dovrete aspettare) ma comunque a prova di 'perdita di colpi': un inizio gradevole e pieno di energia. Proseguiamo con una chitarrosa “Doorman” , e fin qua siamo ancora sull'ultimo album. Ma ecco che un boato godurioso introduce la bella “A Thousand Trees” ; eccoli, i nostri cari Phonics dei bei tempi. Il tempo di riprendersi con la posata e gradevole “Devil” ed ecco che attaccano con “Mr. Writer” . La voce di Kelly trascina gli accordi sino al ritornello e tu non puoi fare a meno di canticchiare preso dalla reminiscenza dei tempi andati. . . ma ecco che il miagolio di Jones si spezza lasciando spazio ad azzeccatissime note di piano, poco prima del suo crescendo vocale. Quella mossa in più prima di venire. Non so voi, ma a me basta per vivere un primo orgasmo.

Ma non finisce qui, altri due pezzi ed arriviamo alla divulgatissima “Maybe Tomorrow” , ma ciò non significa necessariamente che non faccia la sua figura; anzi, direi che la fa eccome, non potrebbe essere diversamente. Qualche lieve accordo introduce timidamente il gridolino di Kelly Jones, accompagnato da urla e fischi di amanti del pubblico, e poi eccola che prende forma pian piano, so maybe tomorrow you find your way, oh. E speriamo che la trovi questa strada, prima o poi.

Beh, abbandonando il sentimentalismo, ci si lancia nell'energica “The Bartender And The Thief” , per poi passare subito dopo a quello che ritengo essere il miglior pezzo degli Stereophonics fatto sino ad oggi: “Local Boy In The Photograph” (che tuttavia mi piace meno del solito, in questo live). E così, deliziati da questo ascolto, si prende in mano il secondo disco e si attende. Parte dolce e malinconica “Hurry Up And Wait” , da ascoltare distesi fissando il soffitto facendo l’ occhiolino ai ragni. Subito dopo sentiamo l'immancabile “Madame Helga” seguita da un'altra chicca: “Vegas Two Times” . Si scorre così sino a “Too Many Sandwiches” , la bella e delicata “Traffic” (in cui si sente la folla abbandonarsi in un appassionato coro di ritornello) e il primo singolo dell'ultimo album che chiude questo ottimo live; che non poteva essere altro che "Dakota".

Che dire. . . un'ora e mezza di buon ascolto, buona musica live e un tuffo nel passato tintinnato dal presente. Bisogna dire che la mancanza di Stuart si sente per l'orecchio più fine, ma Javier Wyler se la cava comunque abbastanza bene. Cos'altro aggiungere? Se siete fan amerete e rosicherete per non averli visti ancora dal vivo (come fa già la sottoscritta, peraltro), se siete ascoltatori occasionali non potrete non apprezzare l'energia e la melodia di certe canzoni "storiche". Enjoy it.

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