1988: reduce da due album di buon successo commerciale ma in rotta con la sua casa discografica, in balia della dipendenza da eroina e desideroso di sperimentare nuove sonorità Steve Earle, inquieto e ribelle country rocker nato 54 anni fa Fort Monroe, Virginia, dà alle stampe il suo terzo album, "Copperhead Road": dietro ad una copertina decisamente tamarra si nasconde un mix esplosivo di stili e sonorità diverse, destinato a riscuotere un clamoroso e inaspettato successo di vendite e critica.

2008: per celebrare i vent'anni dalla sua pubblicazione, "Copperhead Road" viene ristampato in edizione deluxe, e questa volta non si tratta di un'operazione commerciale di scarso interesse come molte altre di questo genere, ma di un'occasione d'oro per conoscere questo artista non solo grazie alla sua massima espressione discografica, ma anche come performer, data l'azzeccatissima aggiunta di un vero e proprio disco live, indubbiamente molto più bello e interessante delle bonus track più o meno inutili messe in coda alla tracklist.

L'invitante profumo del capolavoro si avverte già dalle prime note della titletrack che apre l'album: atmosfera quasi esotica, misteriosa, che sfocia subito in una composizione cadenzata, imponente, di grandissima forza evocativa, grazie anche alla voce sporca e graffiante di Steve Earle più che mai adatta a cantare le vicende del contadino-contrabbandiere protagonista della canzone. Neanche il tempo di prendere fiato e si cambia totalmente registro con il country allegro e scanzonato di "Snake Oil", con un testo che ridicolizza le promesse dei politici, e quindi il rock sporco, a'la Rolling Stones di "Back To The Wall", con la chitarra e la batteria che incalzano, si rincorrono e graffiano nel martellante chorus magistralmente interpretato da Earle: tre canzoni e tre stili completamente diversi.

Non si può dire che "Copperhead Road" sia un album scontato e prevedibile, ma il meglio viene con la micidiale accoppiata "The Devil's Right Hand"-"Johnny Come Lately"; la prima, che tratta il tema tipicamente americano dell'ossessione per le armi da fuoco è a mio parere la vera e propria punta di diamante dell'album, una formidabile folk song appena irrobustita dalle chitarre, che entra subito in testa con la forza dirompente di un tormentone, mentre la seconda, suonata nientemeno che con i Pogues (e si sente) è un'irresistibile irish rock che narra le vicende di un pilota americano durante la Seconda Guerra Mondiale. Dopo queste cinque meraviglie l'album si mantiene su ottimi livelli con le ballate rock "Even When I'm Blue", "You Belong To Me", "Waiting On You" e "Once Your Love", fino ad arrivare a "Nothing But A Child", una stupenda ballad a tema natalizio che chiude l'album in maniera del tutto inaspettata e geniale.

Il disco live aggiunto in questa edizione deluxe (78 minuti complessivi) si divide in due parti: le prime 11 tracce, registrate nel 1987 a Raleigh, North Carolina, si aprono non a caso con una trascinante "The Devil's Right Hand" ed esplorano il repertorio più country di Steve Earle, quello degli album "Guitar Town" ed "Exit 0", offrendo grandi canzoni, orecchiabili ed interpretate a meraviglia come "Fearless Heart", "Continental Trallways Bus", "San Antonio Girl", "The Week Of Living Dangerously" un paio di  cover ("Wheels" e la suggestiva folk song "Brown And Root"), una "Johnny Come Lately" in versione più lenta e scarna, quasi cantautorale e per finire una ballatona languida e sofferta del calibro di "It's All Up To You", mentre le rimanenti sei tracce, registrate a Calgary nell'89 offrono delle cover d'eccezione come l'introspettiva "Nebraska" di Bruce Springsteen e la trascinante "Dead Flowers" degli Stones, ma anche la struggente folk ballad "Little Sister", oltre ad una "Copperhead Road" resa ancora più imponente e granitica, la piacevole divagazione AOR di "I Ain't Ever Satisfied" e, dulcis in fundo, l'incalzante country rock di "Guitar Town", l'ideale colonna sonora su cui scorrono i titoli di coda di questo meraviglioso spettacolo.

In conclusione, "Copperhead Road" deluxe edition è il giusto tributo alla carriera di questo eclettico a coraggioso artista, e in più offre la convenienza di due capolavori al prezzo di uno, vantaggio reso ancora più considerevole dal fatto che "The Devil's Right Hand" da sola basterebbe a giustificare tutti i venti euri di esborso.

Da avere.

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