Ogni tanto il buon vecchio (ormai son 71 suonati) Steve si ricorda A) di farsi una bella vacanza lontano dalle folle dei suoi concerti, B) che è un eccellente chitarrista classico, quando accade salta fuori un lavoro come "Under a Mediterranean Sky" e le due circostanze finiscono inevitabilmente per mescolarsi come in questa occasione. Ecco allora che vediamo nel booklet associato al doppio album, tutte le mete dei suoi viaggi mediterranei e ne ascoltiamo gli echi.

In realtà l'ultima fatica di Hackett si apre con un brano sinfonico di ampio respiro, a mio parere, ispirato dai Concerti per chitarra di Rodrigo sicuramente arcinoti al nostro eroe, anche se poi il primo titolo è "Mdina" ovvero la città fortificata di Malta, anziché la patria del grande compositore spagnolo; niente di grave anzi per rendere il brano ancora più amichevole Steve ci sbatte una bella ed ampia citazione di Tchaikowsky, citazione non citata.....cosa invero abbastanza normale sin dai tempi della celeberrima "Horizons" chiaramente tratta dalla Suite n° 1 di Bach (Preludio). Va beh ninte di grave, purché la Musica vada avanti! E così è con una bella composizione per chitarra solo ispirata a Steve dai profili montuosi della costa croata che certamente a qualcuno parra un po' noisetta, ma che fortunatamente lascia presto il passo a "Sirocco" brano decisamente orientalizzante con supporto d'orchestra e tabla, volto a ricordarci le atmosfere del deserto fra Giordania ed Israele fino all'Egitto e poi il lontano Marocco.

Il passaggio al lato B è molto carino ed azzeccato, negli arpeggi di Steve si sente davvero la "Gioia di Vivere" che a sua detta caratterizza lo spirito francese e le sue principali peculiarità: vino, cibo, musica popolare e pittura. Netto il contrasto con la successiva "The Memory of Myth" decisamente struggente e melanconica, in grado di richiamare perfettamente la Culla della nostra Civiltà, ma anche patria della Tragedia, della Poesia, della Prosa nonchè appunto dei Miti quali quello d'Ulisse: incarnazione per eccellenza della sete di Sapere umana.

E finalmente arriviamo a Casa Nostra, stavolta con un'ottimo arrangiamento (citato) di una sonata di Domenico Scarlatti, affiancato se non altro nei natali a due giganti dell'epoca che certamente, vedi sopra, Hackett conosce decisamente bene: Bach ed Handel. Da Napoli luogo di nascita di Scarlatti, a Pompei il passo è decisamente breve e giunto nel sito archeologico più celebre al mondo l'autore ci vuol far saper d'essere rimasto "incantato" (parole sue) dalla minuscola statuetta del Fauno nella villa omonima grazie ad un brano molto delicato, che ci mette tutti d'accordo!

E arriviamo all'ultimo lato del vinile, il terzo, con un nuovo passaggio forte in Turchia alla danza dei Dervisci richiamata in maniera fra il nostalgico e il melanconico, prima d'immergerci nel ritmo assolutamente fedele a quel rito d'origine persiana, tagliato è proprio il caso di dirlo, dall'irrompere dell'orchestra in chiave decisamente epica. Un brano molto ricco e complesso questo "The Dervish and the Djin", a mio pare il più riuscito anche per l'aderenza all'ambiente evocato a me abbastanza famigliare. Giusto per la cronaca i Dervisci sono una casta monacale islamica di cui i celebri danzatori rotanti rappresentano una specializzazione turca ed in particolare della scuola coranica di Konya sita nel centro dell'Anatolia, mentre Djin sta ad indicare un genio del male, da noi comunemente definito demone che il Derviscio vuole scacciare col suo esauriente ed estenuante rituale.

Si ritorna sulla terra (musicale) con "Lovato" che ci da il terzo punto e la vittoria sugli altri paesi mediterranei, ritraendo con un delizioso arpeggio la terra di Romagna raffigurata dalla bella Sant'Arcangelo, dove certamente Steve è tornato più e più volte, anzi in una di queste ci siamo pure visti in quel di Sogliano, qualche anno or sono. Ultima terra mediterranea ad essere omaggiata non poteva che essere la Spagna e segnatamente l'Andalusia il cui cuore musicale non può che portarci a Granada e la sua Alhambra dove molto naturalmente Hackett si scatena in un arpeggio decisamente complesso ed arricchito dal contributo dell' orchestra di Roger King.

Finale dedicato al richiamo del Mare (Mediterraneo) abbastanza di circostanza.

Morale? Un buon lavoro, curato e sentito, decisamente lontano dallo stereotipo del Pilastro portante dei Genesis che furono e dei lavori prog dello stesso Hackett. Ottima confezione dei 2 vinili corredati da CD per tutte le esigenze d'ascolto, cui non assegno il massimo punteggio prevalentemente per la mancanza d'originalità di quest'opera.

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