Rece A:
“Ho scoperto che la musica più interessante in assoluto consiste semplicemente nell’allineare i loop all’unisono e lasciarli uscire lentamente fuori fase tra loro” (Steve Reich)
Non è facile dare una catalogazione precisa all’opera monumentale del padre del minimalismo (assiema a Terry Riley). Questo cofanetto “Phases” (del 2006) ricostruisce i momenti salienti dell’opera di quello che viene definito dal Village Voice “il più grande compositore americano vivente”.
Nel Mondo Reichiano ritroviamo intatti gli stilemi estetici e stilistici che ne hanno decretato il suo enorme diffondersi in Europa in primis e anche oltremanica: la ricerca spasmodica della Minima Variazione Tonale che si moltiplica, si fraziona, si ripete e si ricompone in un puzzle ossessivo e continuo senza interruzioni, senza suddivisioni di sorta in un unicuum privo di collocazione spazio/temporale. Una ricerca spasmodica al limite dell’ossessività iniziata con lo studio e la messa a punto del “phasing”, in pratica la sovrapposizione di varie voci con effetti stranianti debitori di certe ricerche sulla musica dodecafonica (ricerca perpetuata anche dal giovane Philip Glass, ben più famoso anche nei circuiti extra sperimentali) e proseguita con altri studi attigui alla scomposizione della minima unità sonora: il nucleo base della musicalità intera.
Comunque sia, con questa monumentale opera, il Maestro Reich fissa una tappa fondamentale del suo percorso umano e artistico e ci sciorina, uno dietro l’altro, ben 5 opere che sono ormai delle pietre miliari del suo operato: si parte da “Music for 18 Musicians” e si conclude con la suite di “Drumming”, lavoro del 1971 ancora attualissimo: 90 minuti di percussioni su base vocali femminili e flauto che già delineavano scenari ancora vergini in quanto a nuove aperture sonore.
Un’opera davvero esaustiva questo "Phases" ma che difficilmente si riesce a reggere per intero (salvo ascoltarla come tappeto sonoro in contesti del tutto differenti) visto la lenta e inesauribile ciclicità ossessiva e spesso straniante di microvariazioni spesso impercettibili all’orecchio più distratto.
Bello si ma da gustare a piccole dosi e in particolari momenti della giornata, quando ci si vuole allontanare da questo mondo e percepire altre dimensioni oserei dire “extra-terrestri”. Giudizio difficile che mi lascia a metà, ma opto per il massimo: Voto 5 stelle!
Stronko
Rece B:
Din din din din din din din din din din din din din din din din don din din din din din don din din din din din din din din din din din din din din din don din din din din din din din din din din don din din din din din …
bene, se avete notato i DON sommers tra i tanti DIN, siete pronti ad ascoltare questa tremendissima pippa carpiata a due mani e ad addentrarvi nel panorama allucinante di questa musica minimalista da taglio perpendicolare delle vene (quello per un dissanguamento rapido, per intenderci!).
Io che invece i DON non li sopporto nemmeno in Chiesa, vi dico subito che sto disco mi fa girare spesso le balle e non solo.
Non bastava un solo CD ma ben 5 mattoni di una ripetitività logorroica da togliere il fiato. Già a metà del primo verrebbe voglia di metterli tutti nel trita-rifiuti e metter sul lettore CD perfino Povia.
Oh siii, qui c’è la Summa, il Gotha dell’Intellighenzia americana (Kronos Quartet, Pat Metheny, Philip Glass tra i musicisti presenti) ma ciò non toglie che, giunti al 3° CD e se si hanno un minimo le palle storte, vien voglia di mandare a cagare tutta sta intellighenzia inutile, boriosa, introspettiva e intellettuale, chiusa a riccio in se stessa in musica che “a nulla porta” se non a chiedersi alla fine di tutto un sonoro “esticazzi?!”. Diciamo, carino anche lo è e pure piacevole a piccole dosi, tipo da sottofondo a quando si taglia la cipolla o si guarda Porta a Porta alla TV. Ma GUAI ad ascoltarlo con vera intenzione.
C’è di che spararsi davvero nei coglioni. Giudizio che mi lascia soddisfatto a metà ma opto per il minimo: voto 1 stella.
LestoB
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