In senso stretto, direi che Steve Vai mi piace molto. In senso ancor più stretto, direi che ci sono almeno quattro o cinque motivi per i quali Steve Vai dovrebbe piacere a qualsiasi musicista. Ma dato che l'oggettività nella musica fortunamente non esiste, allora è meglio dire che a occhio e croce la musica che suona fa schifo al 97% delle nostre mamme e a un buon 89% dei giovani tra i 18 e i 30 anni. Per cui, come faccia a vendere ancora dischi mi sembra un mezzo miracolo. Nonostante questo, e nonostante le numerose critiche che pioveranno su questa recensione, mi sento di dire che "Passion and warfare" dovrebbe essere il primo disco da sentire quando si decide di imparare a suonare la chitarra. Certo, mi dimentico di Jimi Hendrix, di Jimmy Paige o di Carlos Santana ed Eric Clapton.
Ma in questi 50 minuti di disco c'è tutto ciò che c'è da sapere sulle sei corde che ci affascinano di più. E non lo dico per pura reverenza. Ritengo a dovere che questo album sia il disco strumentale tra i più belli a memoria d'uomo. E lo chiamo disco strumentale per il semplice fatto che non sono 50 minuti di base su cui Steve Vai si esercita ad andare sempre più veloce. Quello lasciamolo fare agli shredders.
La dovizia di particolari con cui cura gli arrangiamenti è paurosamente dettagliata. Prendiamo una canzone una a caso: "The riddle". Per 3/4 della canzone il giro di accordi è sempre lo stesso, eppure i suoni sperimentali oltre che al tocco davvero raffinato di Steve non rendono monotono il pezzo. Anzi, si diverte Steve a creare melodie particolari, a volte dissonanti a volte mielose e lente. Con una strizzatina d'occhio al maestro Frank Zappa potremmo dire che Steve con la musica (e non solo con la chitarra) fa veramente ciò che vuole. E che dire della tecnica? Beh, direi che per sua stessa ammissione, alla Berklee di Boston aveva a che fare con gente tecnicamente molto più dotata di lui ma che mancava di feeling, di tocco o chiamatelo come volete voi. Per 50 minuti io non ho mai fatto caso alla tecnica fine a sè stessa che potrebbe risaltare in un disco del genere. Se c'è un unico pregio in questo chitarrista è proprio quello di mettere la tecnica al servizio del sound. Riuscendoci benissimo, dato che la mia prima impressione sentendo le iniziali "Liberty" e "Erotic nightmares" è stata: QUESTO UOMO CANTA CON LA CHITARRA! Non ce n'è, al diavolo la soggettività della musica. Al diavolo tutto. Steve Vai suona la chitarra nel modo più onesto che ci sia. Sa fare delle cose che molti chitarristi farebbero bendati con le mani dietro alla schiena, ma con una differenza. Probabilmente lo farebbero senza quel famoso feeling o tocco di cui si parlava prima. Fine della storia.
Disco da cinque stelle. Se volete aprire la mente, ascoltatelo.
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