Ci sono dischi che hanno un immediato impatto emotivo sull'ascoltatore, altri, invece, devono essere metabolizzati lentamente per poter essere apprezzati appieno.
Questo è il caso di "If I Should Fall To The Field" di Steve Von Till (già membro dei Neurosis).
Infatti, nonostante avessi tratto una serie eterogenea di belle sensazioni già dal prima ascolto, solo oggi mi sono reso conto che non avevo compreso del tutto la sua tragica bellezza. Riascoltandolo col sostegno della memoria degli ascolti iniziali mi si è stretto il cuore in gola in piú occasioni.
In generale colpisce e cattura la voce greve, profonda, lirica di Von Till, capace di sviluppare splendide melodie. E nel farlo evidenzia una disarmante semplicità.
Tutte le ballate sono essenziali, prive di inutili orpelli. Protagonisti la sua voce e una chitarra, mentre a volte affiorano un organo, un banjo, una chitarra elettrica o un violino.
Il brano iniziale (Breathe), ad esempio, evolve naturalmente attraverso l'intreccio del suono lieve di un organo con una voce lacerante ed una chitarra acustica. Il brano seguente (To the field), forse il piú bello del disco, è caratterizzato da un crescendo melodico accompagnato in chiusura da basso, batteria e chitarra elettrica.
Tutti i brani sono composti da Von Till, ad eccezione della meravigliosa "Running Dry" di Neil Young e del tradizionale "Am I Born To Die".
Il pezzo che conclude l'album (The Harpy) è davvero affascinante e particolare. Si tratta di una poesia di Robert W. Service recitata dal nonno di Steve Von Till e registrata nel 1961. Il fruscio del nastro, la voce di Louis A. Von Till che sa di antico, l'ingresso discreto degli strumenti sulla voce recitante (hammond, basso e chitarra) riescono a trasportare la mente indietro nel tempo, in un'America che (forse) non c'è piú.
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