Iniziata brillantemente nel 1990 con la pubblicazione dell'ottimo "Kerosene Man", la carriera solista di Steve Wynn, l'uomo che negli anni Ottanta ha praticamente forgiato il movimento musicale del Paisley Underground con i suoi favolosi Dream Syndicate, non è mai stata avara di soddisfazioni e di sorprese. L'artista statunitense è infatti riuscito a produrre, nell'arco del decennio che copre tutti gli anni Novanta, una serie di dischi vari, ben fatti e assolutamente riusciti nonostante si portasse sulle spalle la gloriosa eredità del suo vecchio gruppo di provenienza, responsabile di opere epocali come "The Days Of Wine And Roses" e "Medicine Show". Dal minimale "Fluorescent", al solare "Sweetness And Light" passando per il rumoroso "Melting In The Dark", il discreto "My Midnight" e l'altalenante progetto con i Gutterball, Steve Wynn ha sempre mantenuto un rendimento soddisfacente che ha avuto una lieve flessione solo con l'incerto "Dazzling Display" del 1992.

Quando però nel 2001 esce inatteso il doppio "Here Come The Miracles", lo stupore è veramente grande. Registrato a Tucson in Arizona, "Here Come The Miracles" segna il ritorno di Steve Wynn alla forma migliore, quella per intenderci dei tempi con i Dream Syndicate, grazie ad un songwriting eccellente e a una buona versatilità compositiva che non conosce confini. Composto da diciannove brani, l'album non ha una sola caduta di tono per tutta la sua durata grazie ad un songwriter in forma smagliante ed ispirato come ai bei tempi di "Burn", "Merrittville" o di "Boston" e soprattutto per merito di una serie di validissimi collaboratori che aiutano Wynn in fase d'incisione e che portano il nome dell'amico Chris Cacavas, dell'amata e bravissima Linda Pitmon e di Howe Gelb.

"Here Come The Miracles" è un'opera totale, emozionante, completa, priva di riempitivi, vibrante con un suono fresco, vigoroso in cui grinta e tecnica si miscelano con risultati assolutamente genuini. Un disco che ripercorre tutte le passioni musicali e le influenze del Nostro in una sorta di personale greatest hits fatto di brani nuovi e mai sentiti in precedenza. Una gioia scontata non solo per il suo affezionatissimo pubblico ma anche per chi lo conosce solo per sentito dire. L'album infatti, pur non essendo innovativo, ha il pregio raro ed enorme di possedere una compattezza ed una profondità purtroppo sempre più rare nel panorama della musica rock. In quest'opera i miracoli avvengono veramente.

Dalla psichedelica noise e dylaniana dell'iniziale tittle-track alla chiusura ariosa con la sfavillante "There Will Come A Day", c'è molto di cui rallegrarsi. Tra questi due estremi, infatti, c'è parecchia ottima musica da assaporare lentamente e di cui, dopo ripetuti ascolti, è impossibile fare a meno. L'emozionante ballata elettrica "Shades Of Blue", la suadente "Sustain", la velvettiana "Blackout", la rarefatta "Morningside Heights", il blues amaro di "Butterscotch", l'ipnotica "Let's Leave It Like That", la doorsiana "Sunset To The Sea" e il jungle-beat didledyano di "Strange New World" sono perle rare difficilmente dimenticabili.

Se le acide e desertiche "Death Valley Rain" e "Topanga Canyon Freaks" evocano scomodi incubi del passato, "Watch your Step" e "Crawling Misanthropic Blues" sono quasi punk songs al fulmicotone mentre la lunga "Good And Bad" è una delle vette dell'album grazie ad un lacerante assolo di chitarra dello stesso Wynn. Inutile comunque citare tutte le tracce che compongono quest'opera brillante visto che "Here Come The Miracles" trabocca di talmente tante soluzioni musicali che è impossibile non innamorarsene perdutamente e che regalano a questo grande musicista una statura artistica di raro spessore al giorno d'oggi.

Cinque stelle le merita. Senza ombra di dubbio.

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