Una domenica sera, qualche birra, gli amici a casa. Se non sai che cosa guardare in tv, rischi di rovinarti un mito d'infanzia. Non è il caso di Jurassic Park, che resta un gigante nel cinema d'avventura, ma con alcune precisazioni da fare.

Rivisto venticinque anni dopo, mi è sembrato inferiore ai miei ricordi. Non in tutti i suoi aspetti. Le scene del brachiosaurus, che fa strabuzzare gli occhi agli ospiti del parco, il t-rex che esce dal recinto come un demonio dall'inferno... quelle sono magistrali. Ma anche il gigante coi denti aguzzi che insegue la jeep del ranger, o quando entra con il muso nella navetta dei ragazzini. Sono tessere capolavoro del cinema spielberghiano, indiscutibilmente.

Tante cose però mi hanno lasciato tiepido. Lo dico meglio: ho rivisto qui certe furberie e pochezze dello Spielberg successivo, che ero convinto non ci fossero ancora a quest'altezza di tempo. Per me Jurassic Park era oro colato. Invece ci sono svariati personaggi che paiono burattini, battute di dubbio gusto e tratti caricaturali a profusione. Lo stesso Grant è per un bel tratto una mezza macchietta, così come Malcolm, Hammond. Per non parlare di Dennis e Gennaro. Tante battute grossolane, tratti caratteriali scolpiti con la mazza più che con il cesello.

Intendiamoci, sicuramente è colpa dei miei ricordi iperbolici di bambino, poi rinforzati negli anni dalla decantazione dell'uomo adulto che ricorda - senza però rivedere - i suoi miti. Rivedere certi film è un'operazione masochistica, un bisturi nel cuore e nella testa. Ha in questo caso il suo acme nelle parti più filosofiche della narrazione. Sarò io, ma mi sono parse davvero poca cosa, approssimative, superficiali dalla parte di chi vuole sfruttare le bestie redivive, ma soprattutto da quella di chi difende il diritto alla vita, l'autodeterminazione della natura. La vita trova sempre il modo, il caos, l'illusione del controllo. Un po' generiche come argomentazioni, secondo me.

Mi sembravano spunti più ficcanti, sono invece una semplice patina narrativa, nemmeno tanto convinta, per un'opera che ovviamente guarda altrove. E lo fa con una cura e un linguaggio che rivisti oggi impressionano, questo sì. Trama semplice e fin da subito saggiamente “antipatica”, grande forza narrativa tra spettacolo e discussioni teoriche, tra scienza molto dettagliata (un po' supercazzola a volte, complice il doppiaggio) e battibecchi terra terra tra i protagonisti. Questo ordito è irresistibile, mentre le iperboli filosofiche mi sono parse fiacche.

Un po' di nostalgia viene per un cinema da incassi record che però era ancora molto umano, incentrato sugli attori. La gestione degli effetti speciali mista, tra computer grafica e animazione in stop motion (gli animatronics dei dinosauri sono leggenda) è un po' la felice evoluzione delle invenzioni geniali de Lo squalo. I dinosauri stanno in scena per un tempo limitato, perché lo stupore non deve affievolirsi. In questo senso, il t-rex è un attore protagonista molto geloso di sé, un Marlon Brando. E allora sono i bravissimi Sam Neill, Laura Dern, Jeff Goldblum, Richard Attenborough e un mitico Samuel L. Jackson a tenere alta la qualità, quando i bestioni non sono in scena. È un duetto magnifico, se vogliamo, perché i volti e le espressioni stupefatte sono controparte ineludibile a fauci e artigli.

Laura Dern aveva 26 anni ed è meravigliosa. Strabuzza gli occhi e smandibola senza risparmiarsi. Tra l'altro è una “donna con le palle” prima che andasse di moda. Una che vuole essere mamma e si fa il culo al lavoro, una donna forte che rifiuta “le discriminazioni in situazioni di emergenza” ma senza farla pesare troppo. E poi quella camicia rosa salmone, i capelli raccolti.

Un cinema d'avventura e intrattenimento che ancora, in parte, respira realtà grazie ad alcune scene riprese su isole hawaiane. Anche qui è un ibrido, tra parti in studio e altre “sul campo”. Ma il sentimento generale che dà è quello di un'avventura di cinema vero su un'isola sperduta, non una fredda ricostruzione da laboratorio.

Finale d'azione pura un po' così, tirato e spinto, coi velociraptor che diventano dei geni del male, per un film che ero partito per criticare, in parte, ma continua a tenersi un posticino non marginale nel mio immaginario di bambino davanti alla tv e uomo nella sala di un cinema.

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