Il fiato pesante dell'uomo affaticato dagli anni sembra essere spezzato dalla voglia di trovare quella croce. Quella croce bianca uguale a migliaia di altre, differenziate dal nome o dalla data nei casi di omonimia, incisovi sul lato parallelo al terreno. Memoria che fa tremare le mani al solo scintillio di un drammatico ricordo. Vociare sommesso, conati di vomito, segni della croce, l'acqua fredda che lambisce gli elmetti già fradici e le mimetiche tutte uguali. Gli ultimi ordini, le ultime ipocrite precauzioni e l'apertura del pannello di ferro fa alzare il feroce sipario di uno dei più grandi massacri inutili della storia.

Troppo presto il mare tende a cambiare colore. troppe urla spezzano tragicamente il silenzio leggermente disturbato dalle sole onde del mare. Nulla di più reale, nulla di più eccezionale in quella mezz'ora di pellicola che ha lasciato un solco magistrale nella storia del cinema. Scene cruente, apoplettiche, di una crudeltà troppo vera si susseguono con straordinaria professionalità nella descrizione dello sbarco in Normandia da parte delle truppe statunitensi. Migliaia di soldati che vengono crivellati dalle sibilanti cartucce tedesche prima ancora di poggiare i loro pesanti anfibi sulla sabbia insanguinata della spiaggia di Omaha. Il genio di Spielberg si evidenzia nel sapiente uso della macchina da presa, dove non vi è stato utilizzo di tecnologie digitali e dove per la maggior parte delle scene sono state utilizzate telecamere a mano per garantire al meglio l'impronta dei cinegiornali dell'epoca. Inquadrature che tagliano trasversalmente lo scenario, accompagnate da sinistri effetti sonori, (per creare al meglio la soluzione del proiettile che si conficca nella carne, furono registrati dei colpi sparati su carcasse di mucche) rendono la sequenza dello sbarco assolutamente inimitabile.

Quando sembra che sia tutto momentaneamente finito, inizia il massacro morale dell'ingorda ipocrisia guerrafondaia americana. Bisogna salvare un certo Ryan! E' un ordine che viene dall'alto e non ci si può esimere. Bisogna creare una squadra di alcuni uomini, cinque o sei, per salvarne uno. Nel bel mezzo di una colonia nazista. Come per "Orizzonti di gloria" e per "Hamburger Hill", si evidenzia anche in questa pellicola, la nullità che può assumere un uomo che si sta battendo per la patria. Al di là del gesto nobile o di facciata, di rimandare a casa almeno l'unico superstite di quattro fratelli deceduti per salvare il culo agli USA, si denota la fin troppo ricorrente spregevolezza di coloro che impongono ordini agli inferiori gettati nel tritacarne. Tra una battuta ilare, una scommessa sul possibile impiego del capopattuglia, uno scontro a fuoco con relative perdite e il racconto di un'altra ingiustizia subita a causa dell'ottusità dei superiori de quibus, ecco Ryan, che probabilmente mostra l'unico vero sincero sentimento di patriottismo che bilancia positivamente, anche se per poco, i principi ipocriti della guerra.

Preferire il campo di battaglia al calore del familiar camino e "combattere fino alla fine con i miei compagni perchè hanno sofferto, rischiato e combattuto quanto me" è forse l'unico sibilo di speranza che alberga ancora nel cuore di qualche uomo. Così volge al termine, dopo una drammatica sfida contro i nazisti, uno dei più bei film di Spielberg, girato con poco patriottismo e senza retorica. La guerra fa schifo, è ipocrita non guarda in faccia a nessuno e ognuno da una parte o dall'altra, cerca di salvare la vita. Bisognerebbe valutare le origini di uno scontro prima di giudicare se i buoni siano stati davvero gli americani e i cattivi siano stati davvero i tedeschi. Premettendo che tutto va condannato delle vergognose repressioni nazifasciste, delle purghe russe e dei logistici suicidi giapponesi...ma gli americani si sono davvero comportati così bene?

La memoria tende a farmi riflettere e a ricordare quel grande uomo che era il capitano Miller. Le ginocchia cedono un pò all'emozione. L'ultimo saluto alla visiera con deferenza e rispetto, le troppe croci bianche. La bandiera degli Stati Uniti. Dissolvenza...

Spielberg ancora epico, Hanks ancora eccellente così come per Burns, Sizemore, Damon. John Williams raffinato, Janusz Kaminski imponente, Michael Kahn puntiglioso e magistrale. Hollywood ancora più becera. Solo 5 statuette e miglior film alla sdolcinata e sfarzosa commedia sentimentale "Shakespeare in love". Obbrobrio!

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