Dopo aver recensito Stupid Dream di Porcupine Tree, non ho resistito alla tentazione di scrivere qualcosa anche su quello che considero come il suo sequel antitetico, Grace for Drowning di Steven Wilson, leader della band dei porcospini, qui con un lavoro come "solista" (virgolette obbligatorie). C'è differenza? Assolutamente sì, dal momento che Wilson accantona parzialmente il tipico suono dei PT per cercare una dimensione maggiormente personale, forse più intima, ma non meno epica, anzi. Siamo di fronte a un doppio album tra i più ambiziosi del musicista, zeppo di brani, suoni e umori molto diversi tra loro, e questa in effetti non è una novità. Quasi continuando i versi dell'ultima canzone di Stupid Dream, Stop Swimming, Grace for Drowning sembra esplorare le conseguenze delle suggestioni di quell'album. Se lo "stupido sogno" era un'infatuazione vissuta in balia di una innocente incoscienza, questo è un amaro bilancio di una storia d'amore ormai sul viale del tramonto, come suggerisce anche la crepuscolare copertina. C'è ancora spazio per del compiaciuto romanticismo e una struggente contemplazione della bellezza, ma ormai aleggia un'aria malsana nel disco, il tema base di "Raider II", che fa capolino minacciosamente tra i brani, attende pazientemente nel finale infausto. Questo brano è diviso addirittura ufficialmente in due parti nel disco, palesandosi negli stessi tempi. La prima è poco più di una introduzione, ma è facile riconoscere gli stessi cori diabolici, spesso snaturati, anche in altre composizioni nel disco. Un'osservazione che porta a considerare questo doppio come un vero concept album, di quelli che si facevano nei felici anni del prog rock. E in effetti è proprio così, visto che il nostro eroe è totalmente ossessionato da band come i Pink Floyd e King Crimson, qui è inoltre aiutato da un esercito di musicisti con gli attributi, in grado di dare grande spessore alle composizioni. In Grace for Drowning confluiscono inoltre le esperienze maturate con i progetti ambient - chiamati Bass Communion - che donano all'album un singolare timbro stilistico, sospeso tra passato e presente.
L'album si apre in maniera molto delicata, con la title track funzionale a introduzione, mentre "Sectarian" è già un perfetto manifesto delle intenzioni dell'album, aggressiva e palesemente prog nella natura, è una cavalcata strumentale di otto minuti che introduce già degli elementi di Raider. "Deform to Form a Star" è un viaggio altrettanto lungo ma con una direzione diversa, essendo totalmente imperniato su una struttura melodica e sognante, decisamente anni settanta, che lascia spazio sia al cantato che la splendida parte strumentale. Particolarmente d'effetto la sezione conclusiva, in crescendo grazie all'aiuto di cori davvero evocativi, in puro stile Wilson. "No part of Me" prosegue su una linea linea molto dolce e rilassata, stavolta appoggiandosi a un arrangiamento orchestrale di notevole fattura e addirittura una base ritmica elettronica. I toni cambiano radicalmente arrivati a metà del brano, con l'arrivo di un assolo di chitarra elettrica dal retrogusto quasi esotico. "Postcard" è la tipica ballata wilsoniana, una perfetta esecuzione pop come è possibile trovare in molti altri suoi album, con una cura certosina nella ricerca di arrangiamenti accattivanti, anche se in questo caso non proprio originalissimi, specie nel finale in crescendo. "Raider Prelude" è un semplice anticipo di quello che troveremo nel disco successivo, che porta alla traccia finale "Remainder The Black Dog", lunga e interamente costruita su una struttura in pianoforte, sulla quale si esibisce una caleidoscopica parata di strumenti. Dieci minuti di puro prog rock, con accelerate e interessanti perlustrazioni ritmiche.
Il secondo disco è totalmente dedicato alla sperimentazione, con gli ultimi spiragli di luce riservati all'apertura "Belle de Jour", tre minuti di pura magia sulfurea che ci porta in un mondo magico, mentre con "Index" ci gettiamo a capofitto nel sottosuolo, con un brano dominato da ritmiche artificiali e pesanti chitarre elettriche. Wilson non rinuncia a suoni disturbanti e filtri sulla voce, ma siamo solo all'inizio, visto che "Track One" è volendo anche più oscura. Senza nessuna speranza di tornare in superficie per una boccata d'aria, precipitiamo nel buio pesto di "Raider II", il brano cardine di Grace for Drowning, una mastodontica suite di oltre 23 minuti, dove Wilson scatena tutti i suoi demoni interiori. I testi ci fanno palesemente capire che siamo nella mente di un serial killer, concept che dona grande carisma alla composizione e ne amplifica l'animo oscuro. Dopo l'inizio dipinto da un pianoforte spettrale, entriamo nel vivo del brano grazie a una jam jazz rock di flauto, chitarre e sassofono. L'umore è veramente pessimo e Wilson rischia davvero grosso, inserendo anche accenni di cantato death che risultano forse più goffi che minacciosi, ma il risultato globalmente è sicuramente di tutto rispetto, con una composizione estremamente articolata e una progressione costante, che merita tutti i minuti impiegarli ad ascoltarla. C'è qualche lungaggine di troppo nelle parti ambientali, probabilmente come detto ricavate dalle produzioni con il moniker Bass Communion, ma il brano si merita tutta la fama di cult che è riuscito a conquistarsi. Poteva finire tutto nel freddo della notte, invece no. Il brano finale del secondo disco e l'opera è una sorpresa, rivelandosi inaspettatamente delicato, sognante e in totale contrasto con tutto quello passato prima. "Like Dust I Have Cleared From My Eye" sembra indicare una luce in fondo al buio tunnel, come a dire che esiste una cicatrice per sigillare anche la sofferenza più indicibile.
Consiglio Grace for Drowning come antitetica continuazione di Stupid Dream, anche se siamo di fronte a un album profondamente diverso come intenzioni ed effetto, molto meno accessibile, sicuramente ambizioso e rivolto in primis agli amanti terminali del prog. La passione per la musica di Steven Wilson è però davvero contagiosa, in ogni forma si esprima, tanto da meritare tutta l'attenzione dell'ascoltatore.
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