Il master del nuovo progressive
Un musicista prolifico, un bambino precoce, una talento ben strutturato nel suo genere. Nato a Hemel Hempstead il 3 novembre 1967, Steven Wilson, non si può negare, catapulta il pubblico in atmosfere "altre" che ci fanno anche un po' pensare oltre che muoverci.
Già da piccolissimo sviluppa la sua passione per il rock e per la sperimentazione progressive che lo accompagnerà sempre. Sia i suoi lavori da solista, sia quelli con i Porcupine Tree, sia il missaggio di vecchi capolavori prog di una volta, come "In The Court Of The Crimson King" dei King Crimson, che "Aqualung" dei Jethro Tull, dimostrano sempre una cura spasmodica dei particolari, un'ossessiva maniacalità della forma, un'arte innata che attrae gli appassionati.
Il suo nuovo album da solista "Grace For Drowning" arriva due anni dopo "Insurgentes" e ancora dopo "The Incident" con i Porcupine Tree. "Grace For Drowning" si presenta come un disco molto ambizioso e concettuale, diviso in due volumi: "Deform To Form A Star" e " Like Dust I Have Cleared From My Eye".
Wilson si dimostra, in quest' ultimo album, attratto da nuovi strumenti e suoni onirici, più presenti rispetto alle produzioni precedenti. Non per questo non fa mancare momenti più aggressivi, tipici delle atmosfere dei Porcupine.
Tracce come "Sectarian", "Deform To Form A Star", "Remander The Black Dog" e "Raider II", risultano trascinanti e talvolta pirotecniche. Dimostrano che Wilson riesce a lasciarsi andare come al solito, in assoli chitarristici ad altissima qualità. Semplicemente immenso. Da solo o in compagnia di musicisti di altissimo livello come Tony Levin e Steve Hackett su tutti, riesce sempre a stupire con quel suo visino semplice e il suo rock ben strutturato. Un assioma che non fa mancare mai nelle sue performance.
Per chi lo conosce, "Grace For Drawing" non è altro che una conferma. Per chi s'imbatte, invece per la prima volta, nell'ascolto di un rockettaro di stile come lui, l'unico consiglio può essere solo quello di sentirlo. Perdersi nei suoi universi poco esplorati non è per niente male. Il rockettaro senza calzini, per il suo tipico modo di scendere sul palco a piedi nudi, meriterà di certo un angolo anche abbastanza consistente in una vera discografia sul prog.
Listen to:
I: Rider II
II: Index
III: Postcard
For me:
L'ascolto di Wilson mi è capitato sempre per caso attraverso la radiolina della mia bottega, perfetta antenna di congiunzione fra il mio solitario mondo lavorativo e il rumore di fuori. Se non sbaglio con i miei ricordi, il primo a parlarmi di prog era stato un certo Ciuffo, vecchio compagno di deliri che apprezzava il genere. Ai tempi per me quello era solo rumore insignificante. Poi si cresce, però. Adesso che ho imparato ad oscillare fra vari generi, col solo distinguo della "buona musica", so apprezzare la vera musica e le buone sperimentazioni, prog o quant'altro. Per me, Wilson rappresenta l'esordio personale col genere.
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