“Vediamo se mi ricordo come si fa” a scrivere una recensione sul debasio.
La carta ha storia millenaria ed un uso svariato e talvolta smodato, ma un suo utilizzo mi aliena da diverso tempo, regalandomi ozio e consapevolezza.
Parlo dell’arte dell’origami, che da poco più di un lustro mi ha coinvolto. Mi dà serenità, concentrazione e mi realizza. Mi permette di costruire un qualcosa di figurativo, voluminoso e concreto, da un liscio, piatto ed apparentemente inconsistente foglio di carta.
E’ qualcosa di psicologicamente appagante, oltre che rilassante. Ogni anno, dopo mesi e mesi di inattività me lo chiedo sempre:
“Vediamo se mi ricordo come si fa”.
Ho quasi sempre optato per la musica classica, come accompagnamento a questi momenti, da Beethoven a Debussy, da Musorgskij a Bach, ma tra una piega a monte ed una base a busta ho deciso di sperimentare e sperimentando, fortunatamente con gusto, ho trovato un gruppo, quasi esordiente, tedesco.
Un solo EP all’attivo (“In my own arms” del 2016) e questo primo album, a mio giudizio, straordinario, mutevole, parabolico.
C’è una pregevolissima, quasi maniacale, ricerca musicale in “Rootless Tree” (2018). Nulla è al caso in questo album jazz. Neo Jazz? Indie Jazz? Ma chissenefrega.
La ritmica è incalzante (Raphael Seidel al basso e Jakob Hegner alla batteria), le armonie sono profonde (Robert Wienröder al pianoforte e Fender Rhodes) ed il magnetismo che accompagna ogni singola traccia è legata alla trama vocale di Anna Hauss, cantante berlinese del 1994.
Non sono nella condizione di fare un track by track, a causa della preponderante quantità di informazioni che si dovrebbero inserire per poterlo fare, probabilmente non interessa nemmeno a chi vuol leggere, ma sicuramente le 12 tracce si suddividono in 6 capitoli:
“Ancora senza radici” - “Rootless Tree”;
“Ancora sveglio” - “Black Hole”, “Dark Night” e “In Between”;
“Ancora diviso” - “Lost In Thoughts” e “Bubbles”;
“Ancora alla ricerca” - “Small” e “Little Boxes”
“Ancora bambino” - “Playground” e “ll Those Close To Him”;
“Ancora in mezzo” – “Don’t Walk Away” e “Behind Your Mind”.
E’ un percorso che comincia e non termina, viene lasciato aperto.
Le sovrapposizioni vocali sono come le rifiniture a scheletro formato, gli incastri ritmici (con Richard Holzapfel nella title track “Rootless Tree”) sono piegature a fisarmonica, complicati intrecci, quasi inconsapevoli, che danno entità al corpo, mentre le armonie sono basi a fiore dalla quale nasce la natura spontanea di questa musica in evoluzione.
E’ un piccolo, prezioso, fragile pezzo d’arte che risveglia il mio istinto musicale e dico ancora una volta, prendendo a mano il pianoforte
“Vediamo se mi ricordo come si fa”
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