Da piccolo, otto-dieci anni, il mio passatempo preferito era suonare la batteria. Radunavo per terra tutte le pentole e i coperchi d’alluminio di mia madre, due cucchiai di legno per bacchette, 45 giri di “Roxanne” sul giradischi, Copeland come maestro. Sting per me era un orpello, non ne conoscevo neppure il soprannome, era uno che cantava nel gruppo del batterista dei Police.

Nell’85, quando dei Police ormai non v’era più traccia, guardando Dj Television, m’imbatto in questo tizio con i fuseaux, gli occhiali neri, la chitarra a tracolla, quattro-cinque neri che gli suonano intorno, il nome Sting, canta “If you love somebody”. Mi ricorda qualcosa quella vocetta, ma lo catalogo subito come un pirla qualunque fra i tanti Duran Duran, Whitney Houston e cantantucoli di vario genere.
Fino a che un giorno vengo a scoprire da Linus che quel tizio ridicolo null’altro era se non colui che aveva affossato il mio gruppo preferito e che aveva perciò tolto il lavoro a Copeland. Porcaccia di quella puttana, e ‘sto stronzo ha ancora il coraggio di andare in giro?

Il mio rancore verso “quello” cresce esponenzialmente al suo successo. Fino a che un giorno, verso i 16 anni, non mi decido a dargli una chance, acquistandone il primo disco e il live. Con il massimo dello scetticismo, metto su quest’ultimo, tanto il sogno delle tartarughe blu (che cazzo di titolo) lo conoscevo per via indiretta, i russi che se sono uguali a noi non ci devono buttare la bomba addosso, l’amore è la settima onda e tutto il resto, con quel tocco di jazz sotto che mi dava un fastidio infinito e quel batterista, Hakim mi sembra, definito dallo stesso Sting uno dei migliori in circolazione. Cazzo, penso, allora Copeland è morto, perchè solo se è morto puoi dire una stronzata di questa pesantezza e pensare di farla franca. Ma come, porca miseria ladra, le tue ignobili canzoni senza la batteria di Copeland non sarebbero state le stesse, l’hai capito questo, cialtrone? Copeland ti insegnava a inserire le note di basso nelle canzoni di Outlandos per renderle “reggae”, tu non ne capivi una sega. Lo “stile Police” di "Reggatta", quello inimitabile persino dai Police stessi, è Copeland-Summers. La feccia di Zeniatta invece è tutta tua. Giusto per rimetterti al tuo posto, quei due avrebbero reso immortali anche le canzonacce dei Pooh. Non ci sono cazzi.

Torniamo al disco, anzi no, adesso mi è tornata la bile nera. Disco inutile, se volete ascoltare le canzoni dei Police dal vivo, compratevi i live dei Police (peraltro ‘sto vezzo di stravolgerle dal vivo mi ha sempre fatto incazzare, non c’è una “Message in a bottle” o una “Truth hits everybody” cantata uguale all’originale, lui si diverte a rigirarle e tu che hai pagato fior di soldi devi pure applaudirlo); le altre, prese dalle tartarughe blu, sono irrimediabilmente matusa, vecchie e retoriche erano allora, vecchie e retoriche sono rimaste. E’ più attuale “Through the barricades”.
Dai, seriamente, alzi la mano chi ascolta ancora “Russians”, “Consider me gone”, “Fortless around your heart” senza provare come minimo disagio e tanti, tanti brividi. Di ribrezzo. Se sei in macchina e alla radio mandano “Love is the 7th wave” spegni subito, cambia stazione, accosta, il colpo di sonno è il minimo che ti può capitare.

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