Vent'anni fa Gordon Matthew Sumner, noto come Sting, decise di entrare "in diplomazia, lasciando a casa la Polizia". Così cantava tale Antonello Venditti, uno dei meno qualificati a criticare le svolte degli altri, visto quello che hanno prodotto le sue. La frecciata però era ben diretta, e soprattutto il termine "diplomazia" era azzeccato. Fin da questo suo primo lavoro Sting avrebbe continuamente cercato un compromesso tra le sue nobili passioni (jazz e classica) e il gusto di un pubblico più ampio possibile, con veri e propri prodigi di equilibrismo, degni di un diplomatico, per soddisfare il mercato senza sputtanarsi troppo, cosa che in questo primo album gli riuscì in pieno, a differenza che nei successivi, con l'eccezione del tetro e riflessivo "The Soul Cages".
Sting non è mai stato amato dai critici: la sua eleganza, la tendenza a smussare gli angoli, fanno a cazzotti con l'"estetica del brutto" seguita da molti critici, che preferiscono rumori fastidiosi ma spontanei ad una musica gradevole ma artefatta. Anche come personaggio ha fatto poco per essere simpatico: sono ormai leggendarie le spacconate su performances erotiche di 5 - 7 ore (e chi se ne frega ?), meno noto il suo paragonarsi a Beethoven per via un problema di udito.
Tutto ciò però non deve influenzare il giudizio su "The Dream Of The Blue Turtles", suonato divinamente insieme a musicisti come Brandford Marsalis (sax), Kenny Kirkland (tastiere), Darryl Jones (basso: ma Sting non era un bassista ?) e Omar Hakim (batteria). Disco molto vario, qualità inevitabile per incontrare il favore di più tipi di pubblico.

Per quelli di bocca buona, due tormentoni da classifica: un rock potente e ritmato, "If You Love Somebody, Set Them Free", quindi un insulso reggae-ttino da spiaggia come "Love Is The Seventh Wave".

Per classicomani e melomani, ecco del buon Prokofiev nel tema della strappalacrime "Russians", e qui va dato atto all'onesto Sting di aver dichiarato nelle note la fonte classica, cosa che ben pochi fanno (per esempio Santana strapazza per un intero brano la Terza di Brahms senza degnarsi di citarlo). Rimaniamo in zona Prokofiev con "Children's Crusade", influenzata dal clima da incubo notturno del Secondo Concerto per pianoforte del compositore russo, ma senza temi presi in prestito. Splendido il crescendo jazzistico posto a metà del brano, con Marsalis che furoreggia.

Nostalgici dei Police: per voi c'è una versione accelerata e nevrotica di "Shadows In The Rain", che grazie alle raffichedi tastiera di Kirkland e al sax urlante di Marsalis riesce a mettere in ombra l'originale. Un po' d'impegno? Ma sì, da colui che canta per l'Amazzonia (e per la pecunia) ce lo aspettiamo. Eccoci quindi nelle viscere della terra a condividere la vita atroce delle miniere inglesi grazie ad un sinistro reggae zoppo, "We Work The Black Seam". Poi, dato che abbiamo dei bei jazzisti a disposizione, è bene sfruttarli un pochino, e nulla è più chic che associare dei versi di Shakespeare ad un jazz sostenuto come "Consider Me Gone", con buona pace dei critici. Un po' di sana improvvisazione jazz? Va bene, ma solo un minuto, altrimenti il disco potrebbe vendere un po' meno: voilà "The Dream Of The Blue Turtles".

Patiti del musical e dei crooners: immergetevi in "Moon Over Bourbon Street", con Sting in versione lupo mannaro, capace di ricreare atmosfere gershwiniane senza nemmeno saccheggiare Gershwin, cosa che viene rimandata al disco successivo ("Sister Moon"). Infine un altro sguardo indietro, ai Police: "Fortress Around Your Heart" non avrebbe sfigurato nella seconda facciata di "Synchronicity", quella totalmente stinghiana. Eppure hai voglia di descriverlo con ironia, ma questo disco così ruffiano, fatto apposta per accontentare tutti, dopo 20 anni si ascolta ancora molto volentieri. Un motivo ci deve pur essere: forse la classe, che (dicono) non è acqua.


  • Socrates
    6 apr 05
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    Il coraggio va premiato...stavamo anche stavolta per pestarci i piedi. ;-)
    Anche "Bring on the Night", il live, è molto bello. Vado al lavoro...
  • Hal
    6 apr 05
    Recensione: Opera:
    Mi son divertito tantissimo nel leggere questa recensione. Belle le citazioni, da Le Nuvole a "Love of my life" di Santana, agli aneddoti sul personaggio (si è paragonato a beethoven? trasecolo! :)). Il disco effettivamente si ascolta volentieri, ma nulla di più per me. Secondo me in questo disco, come nel live "bring on the night", molto del risultato - buono - si deve ai musicisti che lo circondavano. Quando ho visto Sting in concerto qualche anno fa, non adeguatamente supportato, confesso che non mi ha fatto un'impressione splendida. Saluti
  • josi_
    6 apr 05
    Recensione: Opera:
    E' vero, la classe non è acqua, dal vivo purtroppo non l'ho mai visto, però uno che passa da Reggatta De Blanc a Saint Agnes And The Burning Train mantenendo sempre una certa saggia qualità sicuramente merita. Ero proprio piccolino quando uscì "Nothing Like The Sun", credo che fu il primo disco (ehm, nastro) che consumai fino all'ultima sfumatura... quello, "Money For Nothing" e "Green" :) Bella rece
  • Perez
    6 apr 05
    Recensione: Opera:
    Complimenti Grasshopper, sforni sempre rece qualitativamente ottime!
    Dell'album ho ascoltato qualcosina, troppo poco per votare ma il personaggio in questione non è tra i miei amori....
  • glitch
    6 apr 05
    Recensione: Opera:
    io lo vidi proprio live in quel 'blue turtle tour', 1986, a milano, l'attuale mazda-palace che ai tempi si chiamava palatrussardi o altro.. concerto indimenticabile. con quelle perle di musicisti e con un police-set acustico.. poi è scoppiato pure lui
  • R2061478
    6 apr 05
    Recensione: Opera:
    da piccolo avevo trovato in casa la cassetta della versione spagnola di Nothing like the sun :) "un dia danzaremos / sobre sus tumbas..." l'ascoltavo in macchina, non era male. per il resto Police mai piaciuti, e Sting è troppo pretenzioso per i miei gusti. la cosa migliore che ha fatto nella sua carriera è la voce del poliziotto francese in One Phone Call di Miles Davis :))
  • G__á
    7 apr 05
    Recensione: Opera:
    un ricordo di KENNY KIRKLAND, scomparso prematuramente, che conobbi a Umbria jazz qualche anno dopo la collabaorazione con Sting: stavamo assistendo ad un concerto in strada, vicono a noi c'era pure Gil Evans, che ballava come un matto, e con questa scusa attaccai discorso con lui che se la rideva di gusto per la scena: lo ricordo timido, simpaticissimo, affabile, quasi imbarazzato per i complimenti che gli feci per la perfomance della sera prima assieme a Marsalis... poi peró si sciolse in una gran risata quando gli chiesi: "Ma quanti soldi hai preso per suonare rock'n'roll assieme Sting?" Kenny, un piccolo grande jazzista...
  • primiballi
    15 ago 05
    Recensione: Opera:
    mi spiace di commentare così in ritardo...ma non credo proprio che la buonanima di Kirkland potesse avere qualcosa da ridire sulle performances (sue e altrui) che albergavano nelle Tartarughe Blu o ancor di più nel successivo doppio, e splendido, Bring On The Night, uno dei dischi meno rock n' roll della storia... Che il buon KK, ottima persona davvero, abbia sorriso per non dover controbattere una cazzata...? Baci.
  • geenoo
    13 set 06
    Recensione: Opera:
    Anche io in ritardo di un annetto buono. Sono quà perchè questo è il primo LP che acquistai. Oggi operazione nostalgia. Comunque, a posteriori, è l'unico di Sting solista ad emozionarmi.
  • odradek
    13 set 06
    Recensione: Opera:
    Minkia, G__á, c'era anche il vecchio Gil? Ecco, quello è un tipo che mi sarebbe piaciuto molto conoscere. Ho solo i racconti di amici che lavorarono con lui a dei progetti discografici. Meriterebbe una degna pagina in DeB. - Invece riguardo al disco, che presi appena uscito, ricordo l'eleganza e la ricchezza dei suoni, alcuni brani molto riusciti e un'ottima impressione complessiva, credo la migliore dello Sting solista. Che però non riesce mai a strapparmi un 5. Grass invece si, credo sempre.
  • Anonimo
    1 mag 08
    Recensione: Opera:
    non sono d'accordo su tutto, ma gradevole recensione
  • omahaceleb
    18 mag 08
    Recensione: Opera:
    Bel disco e bella recensione,grasshopper. Non ci avevo mai pensato che "Moon over..." potesse essere avvicinata alle compsizioni di Gershwin.
  • Grafton
    8 set 08
    Recensione: Opera:
    Sting sarà un furbacchione, ma ascoltare questo disco è godimento puro. Quando capita di sentire suonare insieme gente come Hakim, Marsalis, Kirkland, Jones? Il tutto condito dalla superba capacità di Sting di scrivere melodie vincenti (a mio modo di vedere, in questo campo, il Pungiglione è un vero maestro); pezzi come "Consider Me Gone", "Shadows In The Rain" (superba riproposizione), "Moon Over Bourbon Street" e la conclusiva "Fortress Around Your Heart" sono da antologia. E scusate se è poco. Ottima recensione, al solito.
  • silvietto
    16 mag 16
    Recensione: Opera:
    Premetto che non son certo patito di Sting e del gruppo che lo ha lanciato e che tranquillamente ha lasciato (nelle pesche?) per produrre questo album, che all'epoca deluse abbastanza chi si aspettava una svolta epica dal nostro eroe e forse lo stesso autore che vendette meno del previsto e del suo recente passato di front man. L'Italia fu il paese forse più generoso con lui (il disco straniero più venduto nell'85), magari anche per le sue dichiarazioni erotico prestazionali (in fondo siamo noi i Latin Lover cui magari s'ispirava Sting nelle sue spacconate). Ciò premesso, la recensione mi pare assai generosa: un capolavoro dovrebbe essere tutto tale e non avere pause o come dice: brani volti a soddisfare una platea più ampia possibile; scendendo nell'analisi è indispensabile evidenziare la notevole qualità tecnica della riproduzione audio agli albori del full digital, discreta la grafica anche se eccessivamente auto celebrativa, ma ci sta visto che lo stesso Sting si considerava praticamente irresistibile. Anche a me piace molto "Consider me Gone" e "Moon over Bourbon Street" a prescindere dal fatto che in quest'ultimo brano Sting pare d'averlo di fronte a noi a raccontarci questa romanza.

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