Sempre noi due, io e il mio compagno di sbronze metalliche. Sempre la solita decisione presa all'ultimo momento. Sempre sfatti. Sempre in prima fila. Sempre in ritardo. Inizia così la fine della nostra giornata. Fine in ogni senso. Il primo marzo è stato un giorno massacrante, personalmente distruttivo, inserito in una settimana burrascosa in cui ho percorso alcune migliaia di chilometri sbattuto di qua e di là dalle vicissitudini della vita. E mai avrei immaginato che alle 18.30, fatta la solita telefonata a quell'altro pazzo (ecco il testo: "Andiamo?" , "Si. "), avrei potuto assumere una quantità tale di porcherie, per restare sveglio ed attivo, da perdere praticamente il controllo prima ancora di imbarcarmi (è stata una vera epopea in cui mi sembrava di navigare) per l'Alcatraz. Piccola nota sul locale: credo che sia la casa dei concerti, almeno per i miei gusti personali. Mi ci sono proprio affezionato, si crea un feeling stupendo là dentro tra musicisti e pubblico.
Torniamo a noi. Io bene o male arrivo in tempo davanti al locale. Avevo preso il taxi (stavo proprio fuori di testa, d'altronde, come detto prima, avevo la sensazione di trovarmi su una zattera), ho parlato di Dino Campana col tassinaro che probabilmente non ne sapeva nulla. Poveretto, aveva capito come stavo e mi assecondava. Insomma, una volta davanti all'Alcatraz, mi intrippo di brutto e mi lascio prendere dalle facce, dalle borchie scintillanti, dalla gente che ho intorno. Si prospetta una grande serata. Poi rinsavisco e penso che il maledetto non è ancora arrivato. Lo chiamo. "Picciò nduvi cazzu si?". "Memma! Prim' mango te l'avev' dett' che sto a Berghemo. Comungue arrivo. ". E qui me ne vado in paranoia perchè sento che qualcuno dentro sta suonando. Ogni volta che si aprono i portelloni del locale è un'aggressione al senso dell'udito. Sento che dentro c'è groove e la gente si diverte. E io sto lì come uno stronzo ad aspettare sto barese che non sbuca da nessun angolo. Poi di nuovo intuizione geniale. Gruppo spalla. Meno una scureggia per quanto ero rilassato e mi lascio prendere dalle scie di luce lasciate nella mia testa dalle automobili di passaggio. Insomma non vi racconto quello che vedevo perchè è giunta l'ora di entrare nel locale. Con la stessa potenza di una campanella dell'ultima ora scolastica, mi sopraggiunge un "Auèi!" dal barese. E' arrivato, famose un cannone e andiamo a divertirci.
Primo pit stop: biglietto. 25 euri. Speriamo che siano stati spesi bene. Secondo pit stop (e questo molto lungo): birre. Poi si riparte. L'atmosfera è calda in ogni senso. Il parterre dell'Alcatraz sembra quello del Colosseo ai tempi dei romani. Animali di ogni genere: freaks, metallari, mezzi rapper borchiati, rockers. Io non mi sento un gladiatore, però intuisco che ci sarà da lavorare molto di spalla. Perchè miro dritto lì, al centro della ressa. Ci voglio proprio andare. Le luci sono accese, il palco prende forma, i tecnici lavorano, musica in sottofondo accompagna le conversazioni, qualche tentativo di sound check. Mi piace proprio tutto stasera. Anche un paio di tipe cui ho risparmiato la mia vena poetica, riprendere a parlare di Campana sarebbe stato pesante. Si era lì per gli Stone Sour. Peccato per il gruppo spalla, completamente perso, neanche visti in faccia.
Quando calano le luci è già tripudio. La gente è davvero carica, io prendo a pugni in testa il mio amico. Lui mi da uno scaldabagno sulla mandibola per cui capisco che mi devo stare buono buono. Urla riempiono i metri cubi del locale, donne gracchiano il nome di Corey. Condimento a questa performance vocale collettiva è l'intro tastieristica di "The Final Countdown". Gli americanozzi sono sul palco. Parte l'opener dell'ultimo album, già si poga ma io sono lì sconcertato (sconcertato ad un concerto… ). Dov'è Corey? Insomma manca una criniera bionda lassù. Mentre vengo spinto e malmenato, io resto passivo e quasi triste a vedere che sul palco manca qualcuno. Ma non è così. Quella testa di cazzo al centro, coi capelli rasati e con una sfumatura di cresta è lui. Assolutamente in grande forma fisica. Mi tranquillizzo, gli urlo "Corey questa vuole un figlio da te", indicando una tipa che avevo vicino, e mi meno deciso nel caos.
"30/30-150" è energia allo stato brado. Il frontman ci regala subito una prestazione "da disco" e gli altri lo seguono a ruota. Headbanging da paura, muscoli e tendini al massimo della tensione. Volano gocce di sudore dal palco. Strepitoso inizio di una serata che già emette sentenze positive. Brillante la prestazione di tutti. Corey è divertito e divertente, sorride, poi guarda in cagnesco, si attorciglia su se stesso per scavare a fondo nella sua voce. Ha voglia di parlare e lo dimostra subito iniziando una lunga serie di chiacchierate con la gente che lo acclama. E lui ne gode. Bravo proprio. Lo avevo visto due volte con gli Slipknot, a Londra prima e a Milano poi. Stasera sto scoprendo che, a modo suo, è un artista. Un ragazzaccio americano che viene dal nulla e che ha anela a divertirsi prendendoci a mazzate sonore.
Stesso discorso per "Come (What)ever May": fibrillazione e adrenalina uniscono band e i tipi loschi presenti per l'evento. E' una vera soddisfazione sentire (nel senso più intimista del termine) musica così ben suonata. Consideravo gli Stone Sour un ottimo passatempo pomeridiano, da ascoltare rimettendo ordine nella stanza. Alla seconda song del concerto la mia considerazione è già cambiata di molto.
Ancora conversazione con il pubblico, una strizzatina all'uccello, richiesta di partecipazione (mai mancata) e tante parole a condire la prestazione di una band di ragazzi comunque molto composti. Sono proprio strani sti Stone Sour, sicuramente tipi "alternativi", con un'immagine ben studiata. Ma mi hanno dato l'impressione di essere bravi guaglioni. Un plauso al rossonero capelluto batterista ci vuole sicuramente. Movimenti fluidi per un dominio assoluto dello strumento. Root si è divertito schitarrando in giacca. I due pelatoni se la ridevano in continuazione scuotendo la testa e cercandosi con gli occhi.
Si va avanti rapidamente con pezzi (in ordine sparso, non ricordo, cosa ci devo fare?) come "Scars", "Your God", "Monolith", "Reborn". Poi succede che se ne vanno tutti, Corey fa la fighetta, ci guarda, fa l'indeciso, riceve una pubblica ovazione e allora decide di imbracciare una semi-acustica e partire con brani che ci rimandano alla tradizione profonda del rock americano. Interpretazione davvero coinvolgente e appassionata di Tayler che ha sfoderato una voce graffiante al punto giusto. L'anonimo stato dell'Iowa ora ha una ragione di esistere. Tra i pezzi interpretati ricordo "Sweet Home Alabama" davvero con molto piacere. Dopo una più che meritata valanga di applausi ricompaiono i nostri e si riparte (per me in senso stretto: nuovo giro, nuovo viaggio) con… oddio con cosa? Sono indeciso, ma sicuramente si trattava di "Trough The Glass" o "Sillyworld", perchè si è ripreso tutto dall'acustica. Insomma, parte morbida dopo un inizio annichilente per questo concerto. Un po' di relax per le membra, e un lieve calo di tono nella proposta musicale. E poi si riparte con "Bother", "Blotter", "Tumult". Sicuramente l'ultimo pezzo ha chiuso la prima e consistente parte della serata. Guardo le lancette e mi rendo conto che il tutto è durato poco, pur essendo stato bellissimo. Però penso "Che paranoia!". Volevo che durasse di più. Siamo a livelli di un'ora scarsa. Perciò inizia a prendermi male. Oltretutto mi sono reso conto che il barese non c'è più e praticamente non lo vedo dal secondo brano. Anche lui stava davvero a livelli di sbandamento massiccio. Il pubblico che inizia a reclamare la band, dopo la finta uscita, mi da fastidio. Mi prende la sensazione che tutto sia già finito, ma io ho bisogno ancora di divertirmi. Insomma la musica non potevano staccarmela così. Tutto ciò che aveva prodotto incredibili vibrazioni prima ora mi manca e mi svuota.
E siccome in quei momenti magari hai anche il sussulto di onnipotenza, quando rivedo Corey sono sicuro che sia tornato sul palco perchè telepaticamente ha sentito il mio richiamo. Meno male che li rivedo perchè all'improvviso tutto riprende vita e io decido di fare follie. "Hell & COnsequences" e "Get Inside" sono gli ultimi due pezzi della serata. Una violenza inaudita si genera su tutti i fronti. Gente che vola, band che decide di spremersi fino all'ultima goccia. "Get Inside" rimanda terribilmente la memoria agli Slipknot. E' davvero un massacro che mi soddisfa, mi mette in pace con l'anima e che si conclude con grandi saluti fra tutti, con tanti plettri in giro per la sala, e con uno stupendo lancio di bacchette da parte di quel martellatore dietro le pelli.
Da qui in poi ho davvero il vuoto. So solo che questo 5, nonostante l'ora e un quarto di performance, è davvero più che meritato.
Ottimo lavoro, Corey & Co.
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