Oggi, venerdì 30 Giugno 2017, è uscito il sesto album degli Stone Sour, band capitanata da nientepopodimeno che Corey Taylor, frontman anche dei più noti Slipknot.
La formazione, nel 2013, dopo lo scorso album "The House of Gold and Bones pt.2", ha perso lo storico chitarrista Jim Root, al cui posto, nel 2014, è subentrato Christian Martucci, già impegnato in band minori come "The Black President", una formazione punk rock di cui è il cantante.
Parlando dell'album, prima di tutto, ci si deve soffermare sul titolo "HYDROGRAD"; curiosa, infatti, è la storia che ci sta dietro, secondo la quale, "Hydrograd" non sarebbe altro che il nome di una città immaginaria, che, per un istante, Taylor ha pensato di aver letto in un aeroporto dell'Est Europa.
Si può affermare, inoltre, che, in questa sesta fatica, si può ascoltare lo stile musicale della band praticamente in toto: hard rock e heavy metal si fondono con il Nu e l'alternative, senza dimenticare uno spruzzo di pop rock che da sempre contraddistingue gli Stone Sour.
Le tracce che più rappresentano le diverse personalità di questo lavoro sono:
"Knievel has landed", che, a tratti, assomiglia al ritornello di "Killpop", quindi agli Slipknot più radio-friendly.
È poi il turno di "Hydrograd", la traccia che nomina l'album e che si orienta di più verso il Nu Metal; in particolare, sembra riprendere, in alcuni frangenti, lo stile chitarristico di Brian Head Welch, o comunque dei Korn.
"Whiplash Pants" poi, ricorda un po' la batteria di Jay Weinberg in "The Negative One" e nel finale richiama, vagamente, per la potenza dei vocals e per l' atmosfera, l'omonima ultima traccia di "Iowa" e pure un pizzico di "Get This", provenienti entrambe dai primi due album del novetto mascherato.
Se si è detto dei cugini Slipknot che picchiano come fabbri, non si può dire, almeno nella loro ultima fatica, che questi Stone Sour siano troppo da meno come pesantezza del suono, e ciò è evidente in brani come "Taipei Person/Allah Tea" e "Thank God It's Over".
Altre tracce privilegiano, invece, un sound più "leggero" e radio-friendly, come "Song #3" o l'acustica "St. Marie", che ha atmosfere un po' esotiche, tipiche delle Hawaii.
Non mi resta che affermare che questo, a mio modo di vedere, è il punto di svolta nella carriera degli Stone Sour perché non solo "Hydrograd" raccoglie in sé tutti i progressi fatti dalla band finora senza sbavature, ma pure il sound pare diventato più personale, più distintivo. Da annotare, oltre a ciò, l'ottimo lavoro di missaggio che mette in particolare risalto la coppia ritmica Mayorga-Chow in quasi tutte le tracce, mantenendo però il suono bilanciato, potente e piuttosto pulito.
In aggiunta, la sensazione che aleggia su tutto il disco è che Christian Martucci, il nuovo chitarrista solista, riesca a sostituire Jim Roots in modo egregio. Questo, lo si nota particolarmente negli assoli che ricordano tanto quelli del gigante di Des Moines e che sono sparsi, come il prezzemolo, in questo nuovo lavoro della band.
La track migliore, comunque, è a mio avviso la sopracitata "Whiplash Pants" che, in sede live, permetterà ai fan di scatenarsi in potenti headbangings, ma anche "Fabuless" non scherza, mettendo in mostra il lato più heavy della formazione americana.
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