Prima di tutto, pur sapendo che questa non è la maniera migliore per iniziare una recensione, spero che tutta la stima e l'ammirazione che nutro nei confronti di questo quartetto, non influiscano troppo vistosamente in quella che tanti ma non tutti, vedono necessariamente come un'analisi critica senza fronzoli o sentimentalismi di turno...
Nonostante non abbiano mai intrattenuto ottimi rapporti con la critica, la canzoni più che le cifre di vendita sono i testimoni di quello che si può considerare, insieme ad altri, chiaro, uno dei più importanti complessi americani degli anni '90.
Non ci tengo a regalare spunti per gossip con le solite speculazioni sui vizi di Weiland o sulla capacità del quartetto di cavalcare qualsiasi moda con disinvoltura: per quanto mi riguarda se vogliamo metterla su questo piano, il discorso varrebbe per tutti gli altri nomi che mi possono venire in mente pescando nel calderone del rock dello scorso decennio.
Diamo allora spazio alle canzoni che alla fine dei conti sono quelle che permettono ad un artista di conquistarci: lo ammetto, pur trovandomi di fronte ad un'ottima scelta in quanto a scaletta, ho notato immediatamente la mancanza di alcuni brani che oltre ad amare, ritengo essere tra le migliori composizioni degli STP. Mancano in maniera lampante "Atlanta" e "Hello It's Late", che appartengono alla produzione più recente che ha permesso loro di scrollarsi di dosso l'etichetta Grunge e di riconquistare una certa poplarità (a casa mia, ripeto a casa mia non è mai mancata): comunque non potendone fare a meno, si trovano nel DVD allegato alla raccolta che contiene tutti i clip e molti brani dal vivo.
Non voglio mettere in dubbio che si tratti di un'abile manovra commerciale, ma sia per un grande appassionato che per un curioso, si tratta di un complemento che rende la compilation un sommario più che completo. A dire il vero, sul cd si trovano due piccole sorprese: trattasi della nuova "All I Wear In The Sun" decisamente potente e accativante insieme ad una versione acustica di "Plush" che risale agli esordi del 1992: non chiedetemi quale preferisco perché entrambe mettono in luce in ugual maniera il talento compositivo della band.
Parlando anche e finalmente degli altri brani, la miscela composta da potenza e melodia appare studiata con accuratezza scorrendo via-via le varie "Vasoline", "Down" e "Wicked Garden" che introducono il disco conferendogli un taglio deciso. Nulla toglie però che le canzoni difficili da dimenticare (e non credo proprio in quanto a bruttezza) rimangono insomma le solite: "Plush", "Creep", "Big Empty", la beatlesiana "Lady Picture Show" e "Interstate Love Song".
Non posso proprio farne a meno di sottolineare come il miglior pezzo sia forse "Sour Girl": chiedo scusa tenedo conto della premessa fatta prima, ma si tratta davvero di una questione affettiva... a questo punto risulta un po' diffile concludere perché sembra quasi di dover calare forzatamente un sipario: le raccolte hanno spesso l'amaro sapore della dipartita o almeno di un allarmante esaurimento creativo.
Insomma non si può mai dire, soprattutto in riferimento ad un gruppo dato per morto già nel lontano '96: io personalmente non ci credevo già allora.
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