Consumato all'inverosimile quel gioiello puzzolente di "Seven Thunders Roar", le attese per il nuovo "The Harvest" erano alte, forse troppo. D'altronde il trio ucraino ci aveva abituati bene. "First Communion" era un disco d'esordio grezzo ma che faceva intravedere del talento, mentre il successivo STR fu una vera e propria sorpresa, tanto da farli diventare fin da subito una band "cult" nell'Europa dell'est.
Che qualcosa fosse cambiato lo si poteva intuire dal singolo "Here Come the Robots", rilasciato nell'aprile del 2014. Ritmo più "irriverente", minutaggio risicato e pesantezza complessiva ridimensionata. Non che gli Stoned Jesus si siano improvvisamente messi a fare pop, ma il pezzo era totalmente diverso da ciò che i nostri avevano partorito nei due cd antecedenti. Discorso identico anche per "Wound" che possiede le stesse caratteristiche. Solito connubio tra stoner e doom, ma formula "asciugata" e priva delle divagazioni psichedeliche che tanto caratterizzavano "Seven Thunders Roar". Quando Igor e amici si mettono in testa di incupire il tutto ecco che viene fuori "Rituals of the Sun" con l'abrasività tipica dello stoner e un'atmosfera che si solidifica verso lidi di "epic doom" classico. Il cantato di Igor Sidorenko fa il resto.
"The Harvest" manca totalmente del respiro seminale e "pattumiero" che aveva caratterizzato i primi due episodi degli ucraini. Anche quando il combo sembra tornare alle lungaggini rocciose tipiche del genere ("Silkworm Confessions" e "Black Church"), la sensazione è quella di una candela che sopravvive stancamente per non spegnersi. Il songwriting scema verso un'effusione continua di riff mai veramente ispirati e soprattutto non c'è traccia dell'afflato psichedelico.
Il terzo capitolo del romanzo stoner scritto dagli Stoned Jesus fatica a decollare. Un chiaro passo indietro rispetto a ciò che è venuto prima. Basterebbe dire che manca l'ispirazione, ma forse c'è anche un pizzico di manierismo, peccato pesante in un genere di nicchia. Uno stop inaspettato che lancia qualche dubbio su una delle realtà più interessanti che il panorama stoner/doom ha dato alla luce negli ultimi anni. Un album fiacco, che si salva per il rotto della cuffia.
1. "Here Come The Robots" (3:19)
2. "Wound" (3:15)
3. "Rituals Of The Sun" (7:03)
4. "YFS" (5:13)
5. "Silkworm Confessions" (9:11)
6. "Black Church" (14:42)
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