Negli ultimi anni molti sono i gruppi venuti alla ribalta riproponendo un rock di vecchia data. Gruppi sicuramente non originalissimi, ma guidati da personaggi carismatici e da un suono potente e travolgente, che trova nel live la sua migliora espressione. Gli esempi sono molteplici: dagli Airbourne, che ripropongono l'hard rock degli Ac/Dc, agli zeppelliani The Answer, fino a passare poi per i Parlor Mob e i Wolfmother.
Gli americani Stonerider, trio formato da Matt Tanner (voce, chitarra), Neil Warren (basso) e Jason Krutzky (batteria), appartengono sicuramente a questo filone e nel 2008 arrivano a firmare il loro esordio discografico, "Three Legs Of Trouble". Uno stridente assolo di chitarra fa da preludio ad un assolto sonoro di puro hard rock, con amplificatori al massimo e una sezione ritmica davvero potente: Rush Hour Baby e Back From The Deaf danno così inizio alle danze. Ascoltando gli Stonerider, li immagini in un furgoncino scassato mentre guidano un po' alticci e con la sigaretta in bocca per qualche sperduta e soleggiata strada, cercando di raggiungere il prossimo locale da mettere a ferro e fuoco. E' indubbiamente la parte centrale a rappresentare l'episodio migliore del disco. Ramble Down, Juice Man, Wild Child e Bad Lovin (Never Felt So Good) si susseguono una dietro l'altra, senza sosta e mettono in evidenza le qualità migliori della band: i riff sono potenti, ricchi di venature blues, gli assoli lanciati fanno gridare le corde della chitarra e i ritornelli sono tutti molto orecchiabili.
Il suono, anche se ricorda fortemente molti gruppi storici degli anni 70' (a testimonianza di ciò, è presente nel disco anche una cover dei Nazareth, tributati con la blueseggiante Hair Of The Dog), è però accompagnato da una produzione moderna e molto accurata. Il gruppo è guidato dalla personalità del leader Matt Tanner, il quale da prova di un'ottima prestazione vocale, che a volte ricorda la voce graffiante di Axl Rose o di Steven Tyler. Le successive Bite My Tongue, Breakout e Shut My Mouth mantengono la tracklist ad alti livelli, riproponendo l'hard rock suonato per l'intera durata del disco, che termina con la ballata intrisa di blues Long Way To Monterey, canzone che si diversifica maggiormente da tutte le altre e che termina con un lungo e straziante assolo. Three Legs Of Trouble non è certo un disco rivelazione: le canzoni hanno una struttura semplice (strofa, ritornello, assolo), che si ripete in tutto il lavoro, e risentono fortemente delle influenze del gruppo. Ma gli Stonerider, per quanto non molto originali, sanno suonare un buono ed energico rock'n'roll e mettono in evidenza qualità che fanno sicuramente ben sperare per il prossimo futuro (il gruppo è attualmente impegnato nella lavorazione del secondo LP).
Se pensate che la musica (e il rock, in questo caso), per essere davvero buona, debba essere sempre innovativa e in continua evoluzione, allora forse storcerete il naso ascoltando "Three Legs Of Trouble". Ma se invece siete sfegatati, quasi nostalgici, dell'hard rock degli anni 70' e vi esaltate a sentire un buon riff di chitarra o un assolo sparato a mille, questo allora è il disco che fa per voi.
Come disse una volta qualcuno: "it's only rock'n' roll, but i like it".
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