Può il rock divenire letteratura? Ascoltando il secondo lavoro dei modenesi Stop? verrebbe da rispondere decisamente sì.
Approccio diverso rispetto a "Persi" loro primo lavoro, buon album d'esordio della band. Del primo album restano l'equilibrio formale che sorregge perfettamente le deviazioni più sperimentali e la raffinatezza tecnica sia musicale che vocale mai ostentata ma sempre al servizio della resa complessiva e dell'espressività.
Del mio respiro si presenta come un vero e proprio concept album, dove ogni pezzo reclama l'ascolto del successivo, proprio come quando si sta leggendo un'opera letteraria di spessore. Le tematiche affrontate, depressione e suicidio, vengono dichiarate quasi esplicitamente. Emergono taglienti le manifestazioni della depressione: senso di colpa, noia, incapacità di comunicare, paura, cambiamenti nelle percezioni, mancanza di veri sentimenti. Ciò che spiazza e rapisce sono le domande che ci si deve porre ascoltando questo intrigante lavoro. Chi si è tolto la vita? Un amico, una fidanzata/o o l'autore stesso in un suicidio simbolico? O forse è la perdita di qualcosa di importante che provoca una reazione da lutto e la relativa rielaborazione è a sua volta una morte-rinascita?o tutte queste cose insieme? I punti di vista si alternano numerose volte in una sorta di angoscioso dialogo dove non si hanno però mai proficui scambi di vedute ma solo solitarie elucubrazioni sull'esistenza e sul dolore.
Il risultato è eccellente. Si viene trascinati in un vortice di domande alle quali si tenta attivamente di dare una risposta e ciò rende ogni ascolto intrigante e diverso dal precedente. Non rivelerò la mia interpretazione ma concludo citando Italo Calvino:"Non si è capito un autore finchè non ci si è posti almeno mille domande su di esso". Non so se ho fatto centro, ma vi assicuro di essermi interrogato veramente molto su quest'opera.
Quindi si. Il rock diventa talvolta letteratura.
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