Ora, gli Stormy Six sono quelli di Stalingrado. Ma non mi si venga a dire che sono stati solo quello! Il gruppo milanese, molto vicino al Movimento Studentesco degli anni settanta, era formato da musicisti di altissima professionalità e dopo aver sfornato un paio di dischi prettamente politici, nella seconda metà degli anni settanta ha cominciato ad elaborare un nuovo modo di fare canzone assolutamente slegato dalla tradizione pop-folk, attraverso una scrittura sia musicale che testuale progressivamente sempre più innovativa.

Sono gli anni in cui il gruppo, che già aveva dato vita a una delle prime realtà indipendenti italiche con la cooperativa L'orchestra', è tra i fondatori di 'Rock in Opposition' sorta di associazione europea di musicisti 'contro' che andava a raccogliere una serie di band che proponevano percorsi musicali di particolare ricerca. Presto dimenticati in Italia (dove rimasero quelli di Stalingrado), molto conosciuti in Europa soprattutto in Germania dove il disco precedente 'Macchina Maccheronica' fu disco rock dell'anno (1980), gli Stormy conclusero la loro carriera discografica con 'Al Volo' pubblicato all'inizio del 1982.

L'album rappresenta un unicuum molto interessante all'interno della nostra canzone d'autore e riesce ad affinare le sperimentazioni di Macchina Maccheronica, a volte dispersive, fondendo il tutto in un gruppo di canzoni aliene ma sostanzialmente fruibili. Grandioso l'incipit: 'Non si sa dove stare' è probabilmente uno dei pezzi migliori del loro repertorio, musica e testo viaggiano insieme a comunicano immediatamente la nuova alienazione: gli anni ottanta sono alle porte e gli uomini sono pronti: "ridotti in una scatola/ a far festa/ all'elettricità." Perchè: "Non si sa dove stare/ a volte ci si vede dentro/ nel muro di marmo delle banche/ mentre si balla nell'occhio della spia."

Su armonie assolutamente anomale si dipanano testi ermetici e metallici: protagonisti uomini solitari, televisori, supermercati, treni. Tutti i pezzi meritano (e necessitano) numerosi ascolti per essere apprezzati appieno, ma ne varrà la pena. Abbandonate le utopie degli anni precendenti l'uomo è disperso, ripiegato, alla ricerca di qualcosa per andare di nuovo avanti. Bellissime 'Reparto Novità' dove il protagonista, perso in una passeggiata solitaria, si ritrova ai Grandi Magazzini: "Mi trovo alla Standa/ non cerco niente/ controllo al reparto novità/ se passa del tempo." e 'Roma' dove affiora un po' speranza in versi di straordinaria intensità: Credo sia/ stato lì/ che ho sognato che noi/ ci spaccavamo come vetrine/ e in mezzo ai cocci c'era da bere/ e da mangiare/ perchè la vita viene dal mare/ e tutti i treni hanno un odore/ di mandarini" e validissime tutte le altre a cominicare da 'Piazza degli Affari' a 'Denti' e 'Cosa Danno' dedicate alla televisione a 'Parole Grosse' che in due versi sintetizza la mestizia dei tempi nuovi: "Io vivo qui/ma a volte credo/ che vivere è un termine un po' forte/ per quello che facciamo."

Un grande Album che non assomiglia a niente altro pubblicato nel nostro paese. Un capolavoro da riscoprire.

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