"Un Concerto” degli Stormy Six esce nel 1995 pubblicato da Radio Popolare e Sensitive Records, registrato al vivo nel 1993 durante un concerto tenutosi al Teatro Orfeo di Milano.

Questa pubblicazione viene a colmare un vuoto relativo alle ristampe mancanti dei loro cinque dischi (anche se probabilmente qualcuno é stato ristampato visto che qualche anno fa' ho comprato “La Macchina Maccheronica”) e perché non esisteva nessuna registrazione dal vivo dei nostri che a quanto pare davano il meglio di se in cima al palco.

Considerato che la prima metá delle canzoni sono tratte dal “Un Biglietto del Tram” (1975) vi chiedo cortesemente di andarvi a leggere la bella rece di Zio Burba, sia perché é stata scritta con passione sia perché i brani sono suonati fedelmente agli originali. (Potete anche saltare il terzo comma ossia il “track by track”)... Fatto?

Quindi per attenuare tale presa di posizione politico-culturale aggiungo questa citazione: “musiche e parole traevano argomenti dall´espressività popolare, dalle “conoscenze comuni” dalla forza della contaminazione e della parodia. Paradossalmente, sarebbero state altre le resistenze incontrate dall´estetica impura di quegli idiomi: dapprima quelle ideologiche dei guardiani della canzone di lotta, allarmati dalle scarse concessioni all´ortodossia del genere (tanto da bollare Un biglietto del tram, per quanto possa apparire incredibile oggi, di “deviazionismo di destra”), e poi quelle snobistiche dei fan del difficile, poco convinti che la loro musica preferita potesse sopportare testi in italiani e un canto spontaneo, diretto, antivirtuosistico.”

Notiamo cosí che gli Stormy Six non sono mai stati al gioco di nessuno sia ideologicamente che musicalmente, come possiamo dedurre dalla loro evoluzione musicale che dalle matrici folk dei primi anni si sposta poi verso una ricerca piú sperimentale che comincia con “L'apprendista” che esce nel 1977, anno della nascita del “rock in opposition” movimento di ricerca ma anche di interscambio e autoproduzione.

“Un Concerto” si mantiene fedele agli arrangiamenti originali con qualche piccola aggiunta o modifica timbrica, come il suono delle tastiere, “già perché poi é soprattutto quello a far apparir datato un disco di rock. Nel suo insieme, il genere non ha di certo attraversato grosse evoluzioni: a cambiare sono stati soprattutto i timbri. Ogni periodo ha (per non dire é) il suo suono, determinato dal modo di registrare la voce, di modificare la chitarra, di amplificare la batteria... Avrebbe senso dire che gli Stormy Six furono in anticipo sui tempi se a un certo punto i “tempi” avessero assimilato quel modo di fare musica, rendendolo proprio. Cosí non é stato. Mentre l´ Italia scopriva i suoi festival pop, loro guardavano alla canzone di protesta americana (soprattutto Guthrie) e inglese (Ewan McColl, Peggy Seeger, London Critics' Group). Quando esplose la musica della canzone politica commerciale (incoraggiata del PCI) , preferirono intraprendere altre strade anziché sfruttarla a proprio vantaggio.”

Non ho trovato questo disco né retorico e né datato, vero é che molti testi appaio oggi un po' nostalgici (nostalgia di quando, anche nel dopo Kruschev, si poteva credere in ideali politici di “uguaglianza”), ma vivi, perché storici a testimonianza di vicende degli anni della guerra e quindi della resistenza. Pezzi come la “famosa” Stalingrado sono molto coinvolgenti ed emozionanti. Il disco é diviso in due parti la prima acustica e la seconda elettrica, dove cambia totalmente la sostanza musicale e letteraria con composizioni molto originali e testi al limite del surreale, centrando cosí l'obbiettivo di conseguire una maggiore apertura e universalitá di significati.

Vi lascio con il testo della mia favorita:

Parole Grosse

Io vivo qui

e

non ci vivo mai

di sera il sonno, se arriva,

gira come un motore per dormire,

lo sento che lavora

per

me.


Io vivo qui

e

non ci vivo mai

Ma forse vivere é un termine un po´ forte

per quello che facciamo ogni giorno,

per il tempo che abbiamo, e certe volte

mi sento dentro ridere

male; non come i matti, ma

come ride un bambino

trascinato per forza a un funerale

a vedere tante righe di pantaloni,

borse, cerniere, mani.

P.S. Le citazioni sono tratte dalle note molto esaurienti del cd. Sono state scritte da Alessandro Achilli e Paolo Chang che considero due grandi critici musicali.

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