Negli ultimi anni gli Story Of The Year hanno dimostrato perseveranza e un’incredibile passione per quello che fanno ormai da quasi trent’anni. L’aspetto da eterni teenager li fa sembrare dei novellini, cosa che non sono, dato che nella loro categoria sono una certezza e un punto di riferimento da sempre.
Li avevamo lasciati sei anni fa, quando avevano stupito i fan e gli addetti ai lavori con il grande successo di “Wolves”, album pubblicato senza un’etichetta alle spalle, forte solamente di un importante crowdfunding, concretizzatosi in tempi fulminei. Sono bastati soltanto tre giorni per avere dai fan l’aiuto necessario a dare luce ad un progetto partorito solamente un anno prima. Quattordici tracce ottimamente confezionate, tra melodia, potenza e sintetizzatori che strizzano furbescamente l’occhio al revival anni Ottanta di StrangerThings (stessa cosa è avvenuta con l’artwork).
Due anni sulla scia del successo del disco, poi la pandemia che li ha visti proporre i precedenti tre album durante il “Ghost Signal” live streaming, infine di nuovo in studio. Ci sono voluti anni, tant’è che si pensava che la band avesse deciso di trovare una nuova rotta. Nel frattempo, il primo storico pluripremiato album “Page Avenue” ha ricevuto il disco di platino, il bassista Philip Snedd è stato cacciato dal management e al suo posto è tornato Adam Russell. Le idee hanno trovato il giusto incastro nella mente di Dan Marsala, frontman del quartetto di St.Louis e siamo arrivati ai giorni nostri.
L’uscita di “Tear Me to Pieces”, su etichetta SharpTone, è anticipata dall’omonimo singolo pubblicato nell’ottobre del 2022. Fin da subito ritroviamo la classica doppia anima del metalcore e il cantato melodico di Dan Marsala, che si alterna con estrema duttilità allo scream. Alla band sono attribuibili differenti generi partendo dallo screamo, che caratterizzava soprattutto i primi lavori, passando per il punk rock o l’emo punk, arrivando fino per l’appunto al metalcore. In questo album abbiamo una sorta di mashup di questi generi, dovendoli scomodare tutti per avere una visione d’insieme.
Come già successo in passato con pezzi come “Sidewalks”, anche in questo caso non manca una ballad molto emozionante, “Use Me”, scelta come closing. Si parla di un amore respinto a fatica, fatto solo di convenienza per una delle parti, dove però è la più emotiva ad avere la peggio. La sofferenza e la grande voglia di lottare con i demoni della vita sono i temi ricorrenti. “Real Life”, “Can’t Save You”, “Dead and Gone” e “Sorry About Me” cercano il perdono e la redenzione rifugiandosi nell’amore di una controparte imprescindibile. “Afterglow” e la scapestrata “Knives Out” (“I’m running with scissors so cut me out, playing with matches so burn me down”) con la loro potenza, fanno capire che si è disposti a tutto pur di sopravvivere, anche a rovinarsi la vita. “Take the Ride” è la follia di una corsa in auto a tutta velocità, convinti che non ci sia più nulla da perdere. Tutto per colpa del passato:
Turn out the headlights, I don’t know where I’m going
Let go the wheel and I shut my eyes
I wanna feel something before I die
I don’t know where I’m going
But I’ll take the ride
125 on the dash
City lights blur like my past
“War” utilizza la metafora del conflitto interiore ma il richiamo all’assurdità della guerra è evidente e vuole essere attuale, mentre “2005” è il prototipo del brano nostalgico di matrice pop punk. Ogni strofa ricorda un’adolescenza fatta di menefreghismo verso il futuro e di forti emozioni provate senza farsi troppe domande, tra amicizia e lealtà.
Come sempre il songwriting è affidato a Dan Marsala, che riversa nei testi tutta l’impetuosità delle emozioni raccolte durante la vita personale e quella passata a contatto con la musica.La figura femminile al suo fianco è sempre rappresentata come la salvezza per la sua anima ribelle, che non ha mai pace se non quando le viene tesa la mano per riportarla a una dimensione più razionale.
Questo disco conferma le intenzioni della band di voler continuare ad offrire musica di qualità, senza abbandonare le origini e senza particolari stravolgimenti. C’è talmente tanta potenza e anche tanta melodia da far tirare un sospiro di sollievo ai fan di vecchia data, che temevano di aver perso i propri beniamini.
E ironia della sorte, il futuro degli Story Of The Year è dipeso proprio dalla fanbase e dalla loro voglia di continuità. Volere è potere. Mai come in questo caso è frase più azzeccata.
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