Che brutta bestia che è il rock'n'roll. Può chiamarlo come ti pare, rock, heavy metal, hard rock, progressive rock, ma è sempre lì. Ti si appiccica addosso a quattordici anni e non te lo levi più. Anzi, ce l'avevi già addosso, o forse dentro, ma manco te n'eri accorto, stava solo aspettando il momento buono per uscire allo scoperto, perché alla fine va sempre allo stesso modo.

Passano gli anni, passano le mode, tu cresci, senza dimenticarsi comunque che l'età riportata sulla carta d'identità lascia ormai davvero il tempo che trova, ma lui è sempre lì e anche se a volte ti chiedi se non è il caso di darci un taglio e di "mettere la testa a posto", che a "X anni suonati" non puoi ancora stare a fare il ragazzino, ti rendi conto che quella cosa, quella sensazione di pancia che ti da è ormai talmente parte di te che rinunciarci sarebbe come rinunciare ad un arto ("vuoi più bene al braccio o alla gamba?"). E poi ci sono situazioni in cui si degenera, in cui 'sto rock'n'roll diventa una cosa più grande di te, che non è che te ne accorgi a quattordici anni, ma ci nasci proprio in mezzo, in medias res, che diventa un affare di famiglia.

E' il caso della Strana Officina, gruppo storicissimo (e sfortunatissimo) dell'heavy metal tricolore, qui autocelebratosi con il mastodontico cofanetto "1979-1989. La Storia". Un occasione imperdibile per ogni fan del metal italiano degli anni che furono, ovvero quei "preistorici" anni Ottanta che videro l'esordio, seguito spessissimo da una rapida sparizione, di una galassia infinita di gruppi, alcuni validissimi altri meno, di rivivere l'epopea della storica formazione di Livorno. Un cofanetto con ben quattro vinili, con riproduzioni fedeli degli ep e dell'lp originali, accompagnati da un quarto disco in cui vengono riproposti per la prima volta cavalli di battaglia noti a chiunque ma spesso mai approdati sui solchi di un'uscita ufficiale. A risentirli oggi quei dischi fanno quasi tenerezza, non in senso spegiativo, sia chiaro, quanto per la genuinità e la passione con cui furono concepiti. La fatica del lavoro, la speranza per un futuro migliore, le paure della giovinezza: a rileggerli oggi i testi di Johnny Salani e dei fratelli Cappanera, figli della rossa classe operaia, sembrano essere un compendio del clima socio-politico di piombo (altro che metallo) di quegli anni.

La musica? Si prende a piene mani dai padri fondatori, Hendrix, Black Sabbath, Deep Purple. Produzione spesso ai limiti della decenza, i mezzi erano quelli che erano e ci si doveva davvero arrangiare, ma la passione, l'entusiasmo facevano sì che si chiudesse un occhio, e a volte anche tutti e due, su una qualità del suono che, per forza di cose, non poteva minimamente competere con le mega-produzioni inglesi e americane di quegli anni.

"Strana Officina", pubblicato dalla Minotauro nel 1984, racchiude quattro pezzi che non avrebbero assolutamente sfigurato in un ottimo album NWOBHM di pezzi grossi come i Saxon. "Piccolo Uccello bianco", "Viaggio in Inghilterra", figlia di un viaggio che realmente il gruppo fece nella "perfida Albione", contengono tutti gli elementi di quel suono che sarebbe diventato un marchio di fabbrica: una calda voce, niente screaming da perforazione del timpano, una corposa sezione ritmica fiera della propria origine blues, un chitarra tagliente ma non troppo, che si destreggia in mille assoli, mai fini a loro stessi. Le premesse per una crescita ci sono tutte. E' su questi solchi che troverà spazio la "Run to the Hills" della Strana Officina, quella "Autostrada dei Sogni" che ancora oggi è il pezzo forte dei loro concerti. La voglia di scappare, il non volersi arrendare ad un futuro che, lo capisci da subito, non è quello che vuoi, il mito del viaggio: sentimenti che possono sembrare puerili, ma che non lasciano indifferenti, anche a distanza di venticinque anni. Il salire e scendere dai palchi di mezzo stivale aumenta l'intesa all'interno del gruppo e già nel secondo ep, "The Ritual", del 1987, si possono sentire diversi miglioramenti: si passa da un suono più legato all'hard rock ad uno più heavy, oltre che al cantato in un discreto inglese ed ad una produzione leggermente migliore (il suono degli Iron Maiden scordatevelo, sia chiaro!). Sarà stato a causa della poca esperienza dietro la consolle ed in studio, sarà stato per il poco materiale a disposizione, ma alla fine anche qui si propone la formula del mini-lp, con i soliti due pezzi per facciata. Come già spiegato c'è qualche novita relativamente al suono del gruppo, che si fa più complesso, con l'irruenza dell'esordio che viene qua e là accostata da qualche inserto di tastiera, dando al tutto un senso di maggiore compiutezza. Anche qui brani-inno come "Metal Brigade" e "The Ritual" fanno "scapocciare", grazie all'irruenza del mitico Bud Ancillotti, i metallari di ieri come quelli di oggi: raramente l'heavy metal ha avuto testi degni di nota, ma almeno va riconosciuto che quelli della Strana erano genuini figli del contesto storico e sociale in cui furono concepiti.

Discorso completamente diverso per "Unknown Soldier", forse il brano più bello mai scritto dalla band di Livorno: oltre ad un testo anni luce dal ribellismo adolescenziale alla "Metal Brigade", si presenta con un brano ben strutturato, che parte in sordina per esplodere poi nella seconda parte. Da sottolineare come con questo disco si torni alla formula originaria del gruppo, quindi con una sola chitarra affidata a Fabio Cappanera. Marcellino Masi aveva infatti lasciato il gruppo e forse anche per questo si riesce ad ottenere un suono migliore: gestire in sala un gruppo di quattro elementi e non uno di cinque doveva essere risultato più semplice e meno dispendioso. Il botto finale lo si farà nel 1989, con il tanto agognato lp, "Rock & Roll Prisoners", che arriva dopo più di dieci anni dalla nascita del gruppo, cosa al giorno d'oggi impensabile. Copertina in stile bikers, facce da "duri" (le virgolette sono davvero obbligatorie), chiodo e maglietta autocitazionista: a vedere una foto del genere sarebbe davvero impossibile non capire che si è a fine anni Ottanta. L'album, come è lecito aspettarsi, è diretta prosecuzione del discorso portato avanti fino a quel momento e non ci sono sostanziali stravolgimenti nello stile del gruppo. Se si esclude qualche puntata all'estero, la fama dei livornesi resta limitata alla nostra amata Italietta e c'è francamente rammarico nel sapere che un gruppo del genere, se si fosse solo trasferito in Inghilterra o Germania avrebbe sicuramente avuto delle possibilità in più. Pazienza, è andata così. Per l'occasione vengono riproposti anche pezzi del vecchio repertorio in italiano ed ecco che "Luna nera", mini suite di otto minuti dei tempi del primo ep, diventa "Black Moon", con un risultato assolutamente degno di nota, tanto quanto la nuova versione di "Piccolo uccello bianco", qui diventata "Burning Wings". "King Troll", "Don't cry", "Kiss of Death" non fanno altro che confermare lo stato di grazia di una formazione ormai lanciato e nel pieno della forma, portabandiera di un movimento che, come detto prima, di certo dalla sua non aveva grossi budget quanto piuttosto la voglia di fare e di provare, nonostante si fosse ben consci che il successo, inteso come milioni di copie vendute, non sarebbe mai arrivato e che per suonare e registrare si sarebbero dovute affrontare difficoltà costanti.

Altro che scaricarsi i cd, all'epoca se il negozio di fiducia non aveva quello che cercavi dovevi fartelo ordinare o sperare di trovarlo a qualche fiera, senza contare che non sempre le case discografiche avevano mezzi per potersi permettere una capillare distribuzione sul territorio. Si era semplicemente mossi da una cosa che si chiama passione. Fine del cofanetto, fine della Strana Officina. Il sogno si schianta nel 1993 insieme all'auto su cui stavano viaggiando i fratelli Cappanera: sconcerto generale, dolore, dopo un tour celebrativo cala il sipario. Non poteva finire peggio: l'album a cui i Cappanera stavano lavorando resterà in un cassetto fino al 2011, di andare avanti con la Strana nemmeno se ne parla. Ancillotti fonderà la Bud Tribe, occasione per tornare ad incrociare la strada con quel Marcellino Masi, altro talento sfortunato, che aveva condiviso con il palco agli esordi. Lo spirito dello storico gruppo rivive, ma non è sicuramente la stessa cosa. Per anni c'è stato il rammarico per una storia che doveva andare in modo diverso, fino però al 2006, quando si è deciso di far tornare in tour lo storico marchio, coadiuvato da Rolando alla batteria, figlio di Roberto, e Dario Cappanera, cugino, alla chitarra, un modo valido e genuino per ricordare e tributare ciò che sarebbe potuto essere e non è stato.

Il cofanetto si conclude con un bel vinile di rarità che offre l'occasione di sentire finalmente l'incarnazione originale del gruppo, quando Bud Ancillotti era un fan come altri e Johnny Salani stava saldamente dietro il microfono. Si possono sentire brani come la saxoniana "Non sei normale", storico pezzo dell'heavy italiano apparso sulla compitalation "Heavy Metal eruption" nel giurassico 1983, o "Non c'è più Mondo", finita poi sul disco dei Cappanera del 1991, e "Vai, vai", bozzolo di quella che sarebbe poi diventata "Don't Cry". Fa piacere vedere come anche brani che, per un motivo o per un altro, non poterono mai avere avere "l'onore" della stampa su vinile fossero comunque validi, motivo per il quale negli ultimi anni c'è stata un'operazione di recupero: "Amore e Fuoco" è stata infatti riregistrata dall'attuale formazione e "Sole Cuore Mare" trova sempre spazio in scaletta. A quando una pubblicazione adeguata anche per la bella "Guerra triste", vera rivelazione di questo vinile? Va infine detto che nel 2010 si è finalmente deciso di dare un seguito alla storia della Strana Officina con la pubblicazione di un nuovo album, ma i pezzi che hanno scosso il metal italiano sono e restano tutti qui.

"1979-1989. La Storia"

Strana Officina, 1984: Viaggio in Inghilterra/ Autostrada dei Sogni / Luna Nera/ Piccolo Uccello bianco

The Ritual, 1987: The Ritual/ Gamblin Man/ Unknown Soldier/ Metal Brigade

Rock & Roll Prisoners, 1989: King Troll/ War Games/ Kiss of Death/ Black Moon/ Rock & Roll Prisoners/ Burning Wings/ Falling Star/ Don't cry

Rare and Unrealed, 2008: Vai, vai/ Non c'è più Mondo/ Amore e Fuoco/ Viaggio in Inghilterra/ Non sei normale/ Difendi la Fede/ Guerra Triste/ Sole Mare Cuore

 

Strana Officina:

Bud Ancillotti, voce su tutti i dischi ufficiali

Johnny Salani, voce su 1-4 di "Rare and Unrealesed"

Fabio Cappanera, chitarra

Marcellino Masi, seconda chitarra su "Strana Officina"

Enzo Mascolo, basso

Roberto Cappanera, batteria

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