Revival è una parola che richiama alla mente l'idea di una minestra riscaldata, o la pasta del pranzo avanzata che la sera ripassi pigramente in padella per arrangiare la cena senza fatica.

Il concetto non è del tutto differente da ciò che accade ogni volta che accostiamo il nome di un genere musicale alla parola "revival".  Il pericolo di scimmiottare i pionieri del genere c'è sempre, se non addirittura una cronica assenza di nuove idee che costringe i revivalisti a produrre album zeppi di cover identiche agli originali.

Gli Stray Cats, dal canto loro, "epigonisti" del caro vecchio Rockabilly da Elvis in poi, decisero di incamminarsi nel campo minato dei revivalisti in piena era punk, armati di una chitarra elettrica al vetriolo (Brian Setzer) un contrabbasso (Lee Rocker) e una batteria (Slim Jim Phantom).

Dopo il felice esordio omonimo del 1981, lo stesso anno uscì questo "Gonna ball" senz'altro più bistrattato (e meno venduto) ma non meno riuscito del precedente. C'è poco da commentare sull'ottima qualità esecutiva dell'intera scaletta, sia degli originali sia delle cover, così come c'è poco da dire sul contagioso entusiasmo che traccia dopo traccia la band è in grado di trasmettere all'ascoltatore, appassionato del genere o no, con una maestria e una disinvoltura da veterani (invece stiamo parlando di imberbi 19/20enni).

Qualcosa in più da dire invece c'è sul vero valore aggiunto della band e sulla loro minestrina riscaldata: la chitarra di Brian Setzer.

Setzer riesce a dare un colore nuovo, una ventata di originalità a ogni brano presente nell'album, grazie ad una tecnica cristallina, ad assoli vertiginosi e coinvolgenti, oltre ad una  voce da shouter estremamente versatile e pulitissima, soprattutto sulle note alte.

Per citare un brano a titolo esemplificativo: "Baby blue eyes". Nel corso della cover (irresistibile), si contano 4 assoli magistrali, uno più bello dell'altro, sciorinati a rotta di collo e con enorme maturità. Slap bass e Batteria seguono a ruota, in stato di grazia, ma il vero motivo per accaparrarsi questo album è proprio la sei corde del leader e le sue fantastiche impennate da capogiro.

In rilievo "Little Miss Prissy" (canto a squarciagola e spesso strato di chitarre), Cryin' Shame (un semplice giro di blues e armonica a bocca), "Wicked Wisky" (rock'n'roll venato di rodeo country), "Lonely Summer Nights" (un lentone da mattonella di gran gusto)  e un po' sottotono "Wasn't That Good" (imbolsita da fiati e un po' noiosetta) e "(She'll Stay) Just One More Day"  (lievemente jazzata con sax e organo ma anche lievemente soporifera).

In definitiva un bel sentire, la riprova che spesso la pasta del pranzo è anche più buona ripassata in padella. L'importante è levarla dal fuoco per tempo e avere un po' di fame. Allora, Bon appetit!

Carico i commenti...  con calma