Stuart Staples, leader dei Tindersticks, band attiva negli anni novanta e fautrice di una serie di dischi belli quanto malinconici e a volte ripetitivi, sforna questo piccolo gioiello di cantautorato di classe.
Lasciati alle spalle i fidi compagni ci regala un disco che raccoglie il meglio di ciò che i Tindersticks hanno fatto per dieci anni: canzoni dagli echi coheniani, momenti alla Lee Hazlewood-Nancy Sinatra, stacchi di pianoforte potentemente evocativi e raffinati, cori femminili e trombe che ingentiliscono l'opera senza renderla indigesta.
La voce di Staples fu più volte paragonata al viso di Clint Eastwood, capace di solo una espressione, si ma che espressione! Davvero l'ennui di questa voce riesce a toccare corde molto profonde e vibra per tuttte le canzoni, storcendo l'effetto "rassicurante" degli arrangiamenti perfetti.
Ogni tanto una chitarra crea un qualcosa di inaspettato nei tradizionali giri di accordi, oppure arriva una distorsione quando meno te lo aspetti... la calma si appiana un poco.
Non mancano altresì canzoni più legate alla tradizione caveiana, con quel retrogusto da crooner d'altri tempi che distilla emozioni con garbo e signorilità.
Tra le tracce migliori, tutte comunque ottime, brillano "Shame on You" col suo feeling Bluesy, e la voce di Staples che ripete il ritornello stanca e annoiata e "She Don't Have To Be Good To Me" davvero degna di apparire in un disco dei Bad Seeds.
Da provare.
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