"Pieces of Eight, was about not giving up your dreams just for the pursuit of money and material possessions." (Dennis DeYoung).

"Pieces Of Eight" è il punto d'incontro tra prog e pop.

Per gli Styx, uno di quei tipici gruppi musicali che nel corso della carriera sanno sia toccare il punto più alto di ricercatezza musicale, sia cadere nello scontato più assurdo. Il disco del 1978 è forse il vero arrivo, il massimo capolavoro che una band sa creare e dare, regalando il proprio cuore e le proprie emozioni allo spettatore.

"Piece Of Eight" ha la fortuna di uscire nel periodo d'oro della band, vantando di far da seguito al meritato disco di platino "The Grand Illusion", e superandolo nettamente sul lato emozionale. Il disco sa di eleganza, e regalità e intreccia le sue note di aggressività a dolci e nello stesso tempo complicati spazi di tranquillità.

E' il sintetizzatore di DeYoung a fare da protagonista in quasi tutte le sezioni strumentali, mentre le chitarre di Shaw sembrano più che altro assumersi il compito di dirigere batteria e basso tra i vari tempi irregolari. A condire il tutto sono le fantastiche voci, seguite dai cori impressionanti che seguono le musiche con abilità indescrivibile. E proprio con accattivante aggressività apre il disco, con "Great White Hope": un pubblico finto che acclama le gesta della band, un'esplosione di suoni creati da strumenti che sembrano imbizzarrirsi mentre l'abile chitarrista e cantante James Young urla a squarciagola tutto quel che ha da dire, con la sua veemente voce che pare strozzata. Più tranquilla "I'm O.K"., in cui il protagonista fondamentale è l'indiscusso organo hammond, seguito comunque dal sintetizzatore che fa da padrone principale nell'assolo. In questo pezzo sono udibili le prime influenze prog, date soprattutto dagli stacchi di chitarra e dagli intermezzi di organo.

Sulla stessa linea rock-sinfonico è la eccezionale "Sing For The Day", che oserei definire una canzone geniale, presentata da una melodia orecchiabile di sinth e la linea vocale di Tommy Shaw molto buona che ricorda un sacco quella dei Kansas, mentre il ritornello torna in stile puramente Styx, caratterizzato al massimo dalla sonorità del coro. Da tramite "The Message", tutto sinth, che introduce "Lord Of The Rings", che moooolto probabilmente sarà ispirata dall'omonimo libro: la canzone è bella tirata e quasi sofferente, il basso si intreccia in modo stupefacente con le tastiere; il pezzo geniale della canzone rimane comunque l'intermezzo strumentale: qua si tratta di progressive puro, che nulla toglie o aggiunge ai grandi maestri del genere. Da un capolavoro si passa poi ad un altro senza tregua: "Blue Collar Man (Long Nights)" è un pezzo potente che sa esaltare ed emozionare allo stesso tempo, e ancora una volta fa capire perché spesso questo gruppo viene associato ai Kansas come stile: in certe parti sembra quasi di sentire Steve Walsh (la voce di Tommy Shaw è infatti molto simile).

Finalmente si può parlare di un pezzo abbastanza dolce parlando di "Queen Of Spades", ma per poco: dopo un intermezzo tenero e delicato anche questa canzone mostra i suoi lati più aggressivi. "Renegade" è un ennesimo pomicio con il prog, e direi che il risultato è più che gradito: ribadisce ancora una volta la grandezza del disco e dei musicisti. Ci si avvicina sempre di più alla fine del disco ma le emozioni tendono ad aumentare sempre di più, sicuramente con la title-track "Pieces Of Eight", in cui il leader vocale indiscusso Dennis DeYoung dona una straordinaria interpretazione vocale, seguito da dei cori ancora una volta immensi, che fanno scendere lacrime a litri!

Con malinconia si arriva anche all'ultimo pezzo "Aku Aku", uno strumentale molto triste e decisamente intenso, che pian piano sfuma lasciandoci delicatamente a noi stessi e alla nostra solitudine.

Un disco che veramente non vorresti mai che finisse, un capolavoro che può anche far perdonare la scelta della copertina orrida.

Tutto questo è "Pieces Of Eight".

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