Un nome profetico, Stige, il fiume dove Achille fu immerso per avere l'invulnerabilità propria degli dèi. La madre Teti, in quell'occasione, però, fece un errore che si rivelò fatale per l'eroe acheo. Sembra che anche quest'album, immerso nel fiume Styx -per dirla all'americana-, sia una perla, un gioiello, forse troppo sottovalutato, perché soffocato dai lavori successivi (certo meritevoli), e questo sarà il suo tallone d'Achille negli anni.

Styx II è il secondo album di quella fantastica macchina da guerra Pomp-Aor-Prog-Hard Rock degli Styx, quello con cui (1973) iniziano ad ottenere un discreto successo negli States, dove, assieme a uno sparuto pugno di altri arditi (Kansas, Journey...) tentano di importare il grandioso fenomeno progressive rock britannico ed europeo, riuscendoci solo quando oltreoceano questo sta esalando già gli ultimi respiri.

Le sonorità ricordano principalmente gruppi come Yes e Camel, talvolta ci sorprendono invece suoni alla The Who, implementati con elementi più raffinati. Ma è forse inopportuno fare paragoni, poiché all'epoca di questo lavoro questi stessi erano ancora in evoluzione; gli Styx sono quindi una falange progressive originale, completa ed indipendente già a partire da quest'epoca, pionieri del genere nella terra a stelle e strisce. Tantopiù che, come tutti i progsters statunitensi, anche loro tendono a frammistare la musica prog a tendenze più hard rock e aor, ed è proprio qui, quasi all'inizio della loro carriera, che vi riescono al meglio, non ancora totalmente sbilanciati verso l'arena rock, con un equilibrio sorprendente tra coretti, elementi pomposi ed intricate intessiture strumentali.

Il ritmo sostenuto dell'incipit si fa subito più cadenzato con la power ballad "Lady", famoso singolo che permetterà poi all'opera di ottenere il titolo di Disco D'Oro. E poi melodie sapienti e suggestive, alternate con pezzi di scatenato hard rock, mai però nulla di lasciato al caso, mai un'accento di trasandatezza. Un omaggio a Bach e in conclusione tre brani di rock tecnico e potente. Pezzi da segnalare? Tutti, allo stesso livello... alto! Dalla sognante "A Day" alla incalzante e gloriosa "Earl Of Roseland".

Un album consigliato, dove degli ancora giovani Tommy Shaw, Dennis DeYoung e James Young propongono con notevole maestria rare perle di rugiada rock anni '70 da bere tutte d'un fiato.

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