"Non siete riusciti a bissare Microchip Emozionale"
Se lo sono sentiti dire tante volte, Samuel Romano e soci, così tante volte da inserire la frase nel ritornello di "Benzina ogoshi", uno dei pezzi migliori di quell'"Eden" che nel 2011 ha segnato la rinascita di una band che sembra irrimediabilmente persa. Dopo quel lavoro, un altro album ("Una Nave In Una Foresta") sufficiente ma non memorabile e una pausa di due anni che ha visto i componenti della band in vari progetti solisti, più o meno riusciti.
A quattro anni dall'ultimo lavoro l'ormai storica band torinese si ripresenta con questo nuovo "8" (ovviamente ottavo album in studio), in uno scenario musicale italico completamente variato, con l'It Pop ormai una moda conclamata ed una pesante tendenza al recupero dei sempre più rimpianti anni '90 (un po' sulla scia del recupero degli '80 esploso negli anni '00). C'era quindi molta curiosità intorno a questo progetto, soprattutto per quanto riguarda la strada sonora intrapresa da Samuel, Boosta e compagni.
I cinque torinesi, per rispondere alla domanda, optano per un sound dal respiro ancor più internazionale rispetto al passato, e affidano il mixaggio all'italiana trapiantata a Londra Marta Salogni, scelta nientemeno che da Bjork per il suo ultimo lavoro in studio. Ed il risultato si sente, visto che a livello di sound si tratta del miglior disco della band piemontese; i suoni sono nitidi e distinti come non mai, tutto fila liscio, organico e perfettamente fruibile.
E per quanto riguarda la strada intrapresa? E' presto detto: si parte da dove tutto è cominciato, con una serie di pezzi tirati e frenetici che ricordano i Subsonica dei tanto amati "Microchip Emozionale" ed "Amorematico" ("Jolly Roger", il secondo singolo "Punto critico" ed una "Fenice" che sembra un sequel di "Colpo di pistola", oltre all'unica collaborazione del disco, quella con Willie Peyote per "L'incubo") per poi arrivare a dare uno sguardo ad un ipotetico futuro.
In tal senso brillano la bellissima "L'incredibile performance di un uomo morto" (quasi Radiohead), l'omaggio al compianto Carlo Rossi di "Le onde" (che parte da piano e voce per crescere progressivamente) e una "Respirare" che è il brano più vicino come sound all'attuale e lanciatissima corrente It Pop. Il lead single "Bottiglie Rotte" è un convincente richiamo al sottovalutato "Terrestre", mentre "Cieli in fiamme" torna a picchiare duro e ci regala il brano più aggressivo del lotto.
In definitiva un buon disco, che chiaramente non fa gridare al miracolo (pretenzioso chiedere chissà cosa a una band che ha già dato tanto) ma che rilancia i Subsonica ad un buon livello e li conferma come affidabili veterani di una scena di nuovo in fermento, con un livello qualitativo però (purtroppo) a volte discutibile
Brano migliore: Fenice
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