Spesso è interessante riprendere in mano vecchi dischi che avevano caratterizzato o quantomeno facenti parte di determinati periodi di vita, rispolverandoli per vedere se le sensazione e le opinioni che avevi allora sono le stesse di adesso. Ecco riemergere "Terrestre" dei Subsonica.
Premetto che la mia valutazione è molto focalizzata su questo quarto lavoro, essendo invece scevra da confronti tra passato/presente/futuro.
La band torinese riempe il sound di "Terrestre" con una quantità di chitarre, mai così presenti, nonostante rimangono i loro classici riferimenti elettronici. E' un disco molto più rock dei precendenti, lo dimostrano pezzi come "L'odore", "Gasoline" o "Giorni a perdere".
Scorrendo la tracklist, probabilmente l'idea che ci si fa è di un lavoro persino troppo eterogeneo, senza un vero filo conduttore, in cui ogni canzone più che essere un pezzo di un mosaico, racconta una storia a sé stante, nonostante non si abbiano pezzi che facciano gridare al miracolo.
Si parlava di un disco vario, a tratti pretenzioso, in cui emergono molte anime, si va da quella più radiofonica di "Ratto", "Incantevole" e "Abitudine" a quella più classica di "Alba a quattro corsie", uno degli episodi dove l'elettronica è più massiccia.
Se il climax di "Corpo a corpo" riesce a drizzare almeno un orecchio, facendosi notare per un testo tagliante e degli ipnotici giri di basso, si sale di livello con "Vita d'altri" e "Gasoline".
La prima un po' malinconica, uscita anche come singolo, dipinge scenari autunnali da cui sembra non poter scappare, la seconda è la composizione più insolita per i Subsonica con i suoi cinque minuti e mezzo, essendo un hard-rock ipnotico e fuori dagli schemi usuali del quintetto con un Samuel particolarmente ispirato. Il pezzo è diviso in due da una lunga pausa strumentale con un assolo di batteria. Se tutti i pezzi fossero su questa scia avremmo di fronte un disco molto più forte sul piano della qualità.
Nella seconda parte si cambia spesso in maniera repentina registro si veda il reggae saltellante di "Salto nel vuoto", anche se il coinvolgimento non rimane alto.
La sorniona title-track strumentale pone le basi per la dolce ninna-nanna finale di "Dormi".
Il disco pur non essendo brutto ha il difetto di non riuscire sempre a tenere viva l'attenzione, smarrendosi in diverse occasioni.
Tutt'altro che imprescindibile dunque, ma si è ascoltato ancora di peggio.
5.5
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