Ci troviamo di fronte a niente meno che una delle band che hanno fondato il Brutal Death, i Suffocation di New York. Si può dire che proprio loro, insieme ai Cannibal Corpse, abbiano modificato il Death tradizionale (quello dei Malevolent Creation e degli Obituary per intenderci) portandolo ad un estremismo ancora maggiore, aumentando la velocità, esasperando le tematiche e mettendo al servizio di questo genere musicale una massiccia dose di tecnica.

I brani si fanno più complicati e difficili, i riff di chitarra vengono eseguiti più in fretta (e per la loro difficoltà richiedono maggiore perizia), il batterista utilizza tempi più ricercati che si susseguono rapidamente. Il disco in questione è assolutamente una perla del genere: la sezione ritmica presenta, accanto ai tempi più “tradizionali” del Death, una serie di passaggi geniali che, nonostante siano stati scritti nel 1991, rimangono a parer mio ancora in gran parte ineguagliati.

I due chitarristi sfoggiano la loro bravura con assoli velocissimi e riff intricati che vengono eseguiti con chirurgica precisione; il suono dei loro strumenti è inoltre enfatizzato da una produzione molto compressa, opera di Scott Barnes (il produttore che ha assistito tutte le più grandi band del genere all’inizio dei ‘90), che forse però penalizza il cantato. Il growling di Frank Mullen viene messo in sordina e risulta parecchio confuso. Tuttavia mi sembra un dettaglio trascurabile di fronte a questo album eccezionale; le nove tracce sono composte e suonate con grande passione e capacità, in grado di lasciare nell’ascoltatore quel senso di vuoto e di paranoica disillusione che ben emerge dai testi (vedi “Jesus Wept”).

Dispiace che i cinque abbiano avuto ben pochi epigoni e che la loro proposta sia praticamente terminata con questo disco: purtroppo ho constatato che anche i loro lavori successivi non sono stati composti seguendo la stessa strada e, nonostante qualche strascico, hanno svoltato verso suoni meno annichilenti, seppur di ottima qualità e grande impatto sonoro. Il disco resta un monumento sempiterno che in troppi ignorano, un capolavoro di tecnica e capacità compositiva che ogni fan del metal più estremo dovrebbe possedere.

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