“This is not my art project. This is my life”



Storia di una famiglia disfunzionale

Per parlare delle due persone che danno il titolo al disco in questione occorre fare un passo indietro nel vissuto personale di Sufjan. Egli trascorre l’infanzia principalmente nel Michigan (a cui dedicherà anche un album, il primo del fantomatico e irrealizzabile “Fifty States Project”) con il padre Rasjid, la seconda moglie di quest’ultimo e il fratello. Sporadicamente assieme al fratello si reca dalla madre Carrie in Oregon, nel frattempo sposatasi con Lowell; la sporadicità di queste visite è dovuta alla schizofrenia e alle dipendenze da alcol e psicofarmaci della madre. Un intreccio familiare degno della miglior letteratura di formazione.


Dopo la separazione tra Carrie e Lowell, Sufjan perderà i contatti con la madre per anni finché quest’ultima non morirà di cancro allo stomaco nel 2012. Al contrario instaurerà un rapporto di amicizia con il patrigno Lowell (con cui fonderà successivamente l’etichetta Asthmatic Kitty). Ed è proprio dalla morte della madre e dal suo rapporto con lei che “Carrie & Lowell” trae ispirazione.


“When I was three or maybe four/She left us at the video store/[…]/When I was three and free to explore/I saw her face on the back of the door”


In “Should Have Known Better” e “Carrie & Lowell” c’è l’infanzia di Sufjan e, in particolare, quei rari momenti trascorsi con sua madre. Ma non è mai una cronaca realistica degli eventi. Al contrario, nei suoi testi, Stevens lavora per immagini. Immagini riguardanti elementi naturali (lo scenario apocalittico evocato dalle foreste dell’Oregon in fiamme, quello più positivo di una foresta nel deserto, fiumi che scorrono in vallate ghiacciate, la brezza del Pacifico sulla costa), il mondo animale (volatili e insetti) o immagini più metaforiche ed evocative (“my black shroud”; “fossils that fall on my head”).

Ma la spiritualità cristiana non è affatto scomparsa (vedi “No shade in the shadow of the cross” e “John My Beloved”), così come i riferimenti biblici (principalmente in “Drawn of the blood”). L’abuso di sostanze e l’autodistruzione fanno capolino in “No shade in the shadow of the cross”, mentre in “Death with Dignity” viene evocato lo "spirito del silenzio" di simoniana memoria.


In generale si nota come, nonostante una certa rassegnazione di fondo (“what's the point of singing songs/if they'll never even hear you”), non ci sia mai una volontà di coinvolgere l’ascoltatore in un dolore che è troppo personale per poter essere condiviso.



Less is more

Passando alla componente musicale, “Carrie & Lowell” si pone indubbiamente come il disco più scarno ed essenziale del songwriter di Detroit. Strumentazione come non mai ridotta all’osso e un'essenzialità negli arrangiamenti lontana anni luce dalla fastosità pop di “Illinoise”. Archi e fiati non pervenuti, sezione ritmica assente. La sbornia elettronica di “The Age of Adz” è passata del tutto, così come la contaminazione del side-project Sysyphus e le orchestrazioni barocche del tour Planetarium. Tuttavia quanto detto non deve ingannare: non aspettate di trovarvi di fronte ad una versione aggiornata del “Pink Moon” di Drake. Se è vero che lo scheletro di 8 degli 11 brani è costituito, quasi totalmente, da due strumenti acustici (chitarra e banjo) e dalla voce, è altrettanto vero che non mancano inserti di un elettronica a tratti simil-ambient (“Blue Bucket of Gold”, “Fourth of July”) e a tratti più ‘spensierata’ (“Should have known better”).


11 tracce composte, verosimilmente, durante notti insonni trascorse in solitudine. La voce sussurrata e fragile del protagonista si adatta alla perfezione ai temi trattati: né troppo enfatica, né troppo inerte. Melodie ricche di delicata riflessività e di un'intensità emotiva ormai rara da trovare nel songwriting contemporaneo. Un’enigmatica e insensata leggerezza pervade l’intero album, un senso di oscura e misteriosa quiete che riesce ad affievolire la tragicità tematica delle liriche. Ma Sufjan ci tiene a specificare: “Don’t listen to this record if you can’t digest the reality of it”.

Carico i commenti...  con calma