Lo scorso venerdì, è uscito l'attesissimo "The Ascension", ultima fatica dell'eclettico Sufjan Stevens. Ciò che colpisce fin dall'inizio, cioè fin dalla splendida traccia d'apertura "Make Me An Offer I Cannot Refuse", sono gli arrangiamenti sofisticati e l'uso magistrale dell'elettronica che dipinge mondi sonori di una bellezza abbagliante. Siamo quindi lontani dalla sua produzione folk - acustica, quella dell'imprescindibile "Illinois" o del notevole e "spoglio" "Carrie a& Lowell "del 2015; non a caso infatti, le chitarre non a caso sono praticamente assenti. Ogni brano ha testi ispirati e mai banali (su tutti la title track) ed è ricchissimo di soluzioni sonore che non ti aspetti e lasciano di stucco l'ascoltatore. Emblematica a tal proposito la parte centrale di "Landslide" che fa cambiare sostanzialmente direzione al pezzo. Si alternano di continuo atmosfere sognanti (predominanti in realtà) ad altre più ostiche, in ogni caso sempre ricercatissime. SI ritrovano i Depeche Mode in alcuni momenti ("Death Star") ma anche la Bjork di "Homogenic" in altri. Ma sono solo rimandi, il disco è personalissimo e mai derivativo. Persino nei momenti oserei dire quasi pop, ("Video Game") il risultato è sempre di un livello altissimo. "Sugar", coi suoi sette minuti, risulta una delle vette artistiche dell'intero lavoro, mentre "America" è la degna conclusione: dilatata e "aperta". Aldilà dei gusti soggettivi, trovo che sia difficile non essere catturati da "The Ascension", ennesimo grande lavoro per questo poliedrico artista che, disco dopo disco, si è conquistato con pieno merito un posto fra i grandi. Difficile dire già da adesso in che posto si colloca quest'album all'interno della discografia di Stevens, probabilmente è fra i lavori meglio riusciti per ambizione, sonorità e tematiche (parliamo comunque di una carriera ormai ventennale, fino ad ora assolutamente eccellente). In conclusione, per me, insieme all'ultimo della Apple e a pochi altri, uno degli album dell'anno.

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