Chuck 2 prossimamente sui vostri lettori e stereo.. e invece no!!!!

Magari ci fosse stato un seguito prendendo in prestito un espressione cinematografica, ma purtroppo non è cosi. Tornando seri questo per dire che in molti si aspettavano il ritorno sulle scene del gruppo canadese e a loro si chiedevano conferme di quanto di buono fatto vedere col precedente lavoro. Ci si aspettava un ennesima evoluzione sonora o la conferma di un certo di tipo di sound e invece (e qui mi spiace da ammetterlo da fan del gruppo), vede purtroppo il ritorno alle origini. Tant'è  che questo "Underclass Hero" potrebbe essere considerato come il perfetto successore di un altro album della band vale a dire "All Killer No Filler".

Il quartetto, oggi trio vista l'uscita dalla band del chitarrista Brown Baksh, manda nei negozi questo disco in piena estate 2007. E viene proprio da dire che le sonorità d'insieme sono proprio adatte al periodo, che tornano sui classici canoni del pop-punk.

Non so cosa abbia spinto la band all alleggerimento del suono, certo la perdita della visibilità commerciale e forse il calo di interesse di una fetta di fan che non erano abituate a certe sonorità metal di "Chuck" non può che aver portato la band a fare una brusca retromarcia. Forse questa brusca virata è dipesa anche dall'abbandono del chitarrista (che ha formato una band di tributo degli Iron Maiden) ed era l'anima più metal del quartetto.

Sta di fatto che ormai il pop-punk è un genere abbastanza inflazionato in cui ci sono poche idee e moltissimi band che si copiano a vicenda. Infatti i Sum anche se riprendono i temi e i propositi che gli avevano portati al successo nei primi anni 2000, rielaborano il tutto arrivando almeno in parte a cambiare qualcosa. Mi spiego meglio, ricordate i primi due album della band che in pratica  contenevano x canzoni su x tutte uguali come musiche e durata? Bene, qui le composizioni o meglio le strutture e le soluzioni sonore si ampliano e a tratti diventano più estese. Che per dare l'idea è l'evoluzione che hanno avuto i Green Day cono l'ultimo album in studio avvicinandosi un po' più al rock. Musicalmente parlando almeno personalmente sembra quasi il tentativo di fare un album alla "American Idiot" e cioè alternando molti momenti soft chiamasi ballate a pezzi più classici. Per fortuna però qualche episodio più duro dove emerge una certa energia lo si trova. Basta ascoltare "Speak of evil", "Count your last blessing" e "The jester". Il miglior episodio sembra essere proprio "Count your last blessing" che indovina l'atmosfera enfatizzata dal piano ma che si rivela un aggiunta non male alla rabbia del pezzo dominato dalle chitarre. Doppia anima lenta-forte per "Speak of evil" che alterna chitarre pulite e piano a ritornelli schitarrati e dove prevale una buona dose di energia, mentre "The jester" si avvicina molto ai successi passati del trio come "Hell song" e "No reason", in cui  si nota l'uso delle acustiche che si intrecciano alle elettriche nelle strofe e caratterizzato da una strana outro con il rumore di passi che si allontana e il battito cardiaco.

 Il singolo di apertura, la title track, è un classico pezzo pop-punk veloce e piacevole all'orecchio (a tratti ricorda "Fat lip" ma è nettamente meglio di quest'ultima) e che conferma che comunque la band riesce per lo meno a creare singoli  piacevoli. Vi cito anche la velocissima di ritmo e durata "Kings of the contraddiction" galoppata di batteria  a mille all'ora e le lente e abbastanza lunghe ballads "Best of me" e "With me" che sono troppo noiose e che non raggiungiamo i livelli della stupenda "Pieces" contenuta sul disco precedente. Mentre il brano più divertente è senza dubbio "Ma poubelle" canzoncina di intrattenimento eseguita con l'acustica di un minuto scarso ideata e cantata dal batterista in francese. L'ultima traccia è la lenta e suonata solo con le acustiche unite ad una sezione d'archi "So long goodbye".

Il secondo singolo "Walking disaster" è per metterla sul ridere (ma non tanto) una sorta di keyboard pop punk e rappresenta perfettamente i contenuti del disco uno per uno, in quanto ha velocità , ma anche parecchia melodia.

 Un aspetto dell'opera  su cui riflettere è invece l'uso che oserei sentenziare industriale delle tastiere che ricorrono in più parti, a tratti arricchiscono i pezzi, ma non sempre convincono. Mentre sono buoni i diversi assoli presenti nei vari componimenti.

Mentre la palma del testo più polemico e discusso se l'ha aggiudica "March of the dogs" per le sue offese al governo Bush. Sul testo di "Dear father", (dallo stampo auto-biografico, canzone di condanna verso il padre in cui il cantante lo dipinge come un complete-unkown) niente da dire, ma la canzone nella sua eccessiva orecchiabilità  è una delle peggiori del disco.

  I pezzi citati sono quelli che più si distinguono, ma adesso facciamo una classificazione a livello sonoro. 15 canzoni che se possiamo così dire prendono tre strade diverse. Dominante è la venatura che io chiamo latte-caffè (pop-punk), segue la strada melodica delle ballads pop-rock (elemento di novità della produzione Sum41 a partire da "Chuck") e la strada energica e più aggressiva che si avvicina maggiormente al punk-rock comprende le canzoni citate sopra (ma che purtroppo rimane molto molto marginale) e che riprende sonorità viste nei due album precedenti.

Un altro spunto viene ascoltando la bonus track "Look at me" di questo disco e mettendole a confronto con le tre di "Chuck". Ebbene solo questo dato basterebbe (per chi abbia ascoltato i due album) a far capire la stragrande differenza che c'è tra i due.

Tirando le somme "Underclass Hero" si dimostra essere un piacevole album e basta: migliore dei primi due album, ma sotto ai due precedenti. Questo è il presente...e il futuro?

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