Santinumi, è banale ma il tempo passa velocissimo, specialmente quando poi ne è trascorso relativamente poco, pure se tra qualche giorno saranno circa otto anni dacché vidi forse su MTV Brand New il video di You! Me! Dancing! de Los Campesinos! e decisi che mi andava molto a genio. Ai tempi impazzavano gli sms e avevo l'abitudine di vedere video musicali e di commentarli via messaggi con un'amica che guardava lo stesso canale. Ricordo che a me non piaceva quasi nulla e a lei quasi tutto. Ma quella canzone, amiche e amici, mi conquistò e arrivò a me ancor prima di una Reptilia, che poi di Brand New era pure il jingle: ma soprattutto, esiste ancora Brand New? Era belllino.
Non è che valga la pena fare i nostalgici e mi sembra anche prestino, comunque quest'anno - con giusto quattro di ritardo - sono arrivato non ricordo come all'EP d'esordio dei Summer Camp e mi sono risentito come quella volta, come se mi si fosse riaperto quel mondo. I Summer Camp non somigliano tantissimo a Los Campesinos!, anzi, quelli erano chitarrosi mentre questi sono molto più synth, ma lo spirito è quello, o forse mi piace semplicemente pensarlo. Comunque sei canzoni, venti minuti e tantissime piccole gioie da questo duo polistrumentista londinense moglie-marito, molto carini, affiatati e appassionati di modernariato armeno e di modernariato in generale, pure musicale: si capisce che i nostri hanno ascoltato tanto synth-pop solare anni ottanta, con le loro ritmiche rigorosamente sintetiche, improbabili tastieroni, chitarre minimali e i bassi di plastica (a parte Ghost Train, retta da un timbro plettrato cupo da vecchio Hoffner tipo La Femme d'Argent degli AIR, per dire la prima che mi viene), ma si capisce anche che Elizabeth Sankey ha modellato il suo graziosissimo timbro sul cantato femminile anni sessanta istituzionale, tipo Alaina Moore dei Tennis - ma non così talentuosa - che pure lei, guardacaso, ha il marito che le suona nel gruppo; nel modo in cui si incastrano predictable e despicable nelle liriche di Was It Worth It fa capolino Morrissey - ma Morrissey fa capolino ovunque vi sia carenza di distorsioni in Inghilterra - e la canzone in generale col suo ritornello lagnoso It makes me feel so down like I'm gonna die si lascia ricordare, garantito. Le onde lunghe dell'opener Round the Moon vanno ballate rilassati e l'alternanza voce omo-voce donna non è affatto scontata; la linea vocale di Why Don't You Stay dà piacere fisico e le tastierine di Ghost Train sono così stupide da suscitare tenerezza.
Lasciatevi ingannare dall'estetica analogica della copertina: è esattamente roba da hipsteracci del duemiladieci. Niente di imprescindibile, ma ascoltarlo non vi renderà delle persone peggiori, e poi una volta ho parlato con un tizio che mi ha consigliato tutta una serie di cose a suo avviso imprescindibili e lo diceva praticamente in ogni frase. Non diventate mai così.
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