Partiamo da questo presupposto: "Tiny Cities", secondo album del progetto Sun kil moon (dietro c'è l'americano Mark Kozelek) è probabilmente il lavoro più criticato di questo progetto, quello con minor forza emotiva.

L'album viene pubblicato nel 2005, a due anni di distanza dal debutto "Ghosts of the Great Highway" e fin dal giorno della sua uscita ha fatto molto discutere gli amanti di Kozelek. Molti, tanti, hanno visto in esso un lavoro scarno (il minutaggio si aggira intorno ai 30 minuti), ma soprattutto un disco privo di mordente, privo di quella carica nostalgica che invece era emersa prepotentemente con il disco d'esordio. Tutte critiche che si sono "scontrate" con i commenti positivi (la minoranza) rivolti a "Tiny Cities".

Così dopo aver ascoltato un paio di volte il disco in questione ho deciso di trattarlo, per far emergere un punto di vista positivo verso un album dalla maggioranza considerato invece negativo. In "Tiny Cities", troviamo Kozelek in grado di descriverci con la sua chitarra e la sua voce profonda, un universo di storie scritte da Isaac Brock, Eric Judy e Jeremiah Green, tre membri della band indie Modest Mouse, dalla quale Kozelek riprende alcune composizioni rivisitandole nel suo stile decadente. Tutte le tracce dell'album sono state riprese dai Modest Mouse e rielaborate da Kozelek, diventando così storie in musica, raccontate con maestria e leggerezza dalla voce del cantautore americano.

Tutte le critiche rivolte a quest'album, in particolare quelle riguardo la sua pochezza ci stanno appieno e sinceramente non si capisce il motivo del perchè di questa scelta, con canzoni brevi che finiscono con il passare "inosservate". Resta il fatto che per chi scrive "Tiny Cities" rappresenta un buon album di alt country, strettamente legato a Kozelek, sebbene le tracce non siano nate dalla sua mente. La chiave di volta della sua musica sta nel tocco "antico" che immette in ciò che suona, quella sensazione di una musica legata ad un altro tempo e in cui le voci tristezza e nostalgia si vanno ad incastonare a meraviglia. In questo senso mi viene da citare "Neverending math equation", che seppur si sviluppa su una base acustica e quasi "allegra" riesce a risultare oscura nel suo suono, nel suo incedere attraverso i vocalizzi di Kozelek. Lo stesso si può dire di "Grey ice water" e "Convenient parking". Accanto a queste buone visioni chitarristiche su cui si sovrappone la voce di Mark, ci sono però dei pezzi tralasciabili, che per fortuna scorrono via visto il breve minutaggio delle song.

Il risultato finale è un album in bilico tra una soluzione "sperimentale" e delle scelte francamente un po' incomprensibili
che il buon Kozelek avrà fatto per le sue ragioni, ma che infieriscono su un giudizio complessivo che indirizza "Tiny Cities" verso una sufficienza, lontana dalle corde di uno dei più grandi cantautori degli ultimi decenni.

1. "Exit Does Not Exist" (1:24)
2. "Tiny Cities Made Of Ashes" (3:13)
3. "Neverending Math Equation" (2:53)
4. "Space Travel Is Boring" (3:42)
5. "Dramamine" (2:44)
6. "Jesus Christ Was An Only Child" (1:59)
7. "Four Fingered Fisherman" (2:41)
8. "Grey Ice Water" (2:32)
9. "Convenient Parking" (1:56)
10. "Trucker's Atlas" (2:49)
11. "Ocean Breathes Salty" (4:35)

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