Con "Flight of the Behemoth", secondo full-lenght ufficiale dei Sunn O))), si manifesta in tutto il suo sulfureo splendore la grandezza della formula che ha reso celebri Anderson ed O'Malley, ed al tempo stesso si viene a palesare il vuoto che sorregge le fondamenta della maestosa cattedrale di suoni da essi eretta.

Suonare drone-ambient alla Sunn O))) non è cosa che si possa fare all'infinito: un discorso del genere, se inteso nella sua accezione più ortodossa, inizia e si conclude nello spazio di un album. Cosa che è puntualmente successa con il paradigmatico "00 Void" (o, ad esser più precisi, ben prima: con "Earth 2" degli Earth, veri iniziatori del genere).

Da questo momento in poi il percorso "artistico" dei Sunn O))) diviene una lunga ed esaperante variazione su un tema dominante: alla stregua di un carrozzone carnevalesco in grado di ospitare di volta in volta il contributo degli artisti più disparati, la creatura dei due pervertiti masturbatori sonori assume le sembianze e le movenze di una mastodontica quanto crudele sanguisuga intenta a succhiare avidamente il talento artistico altrui, inglobandolo, trasfigurandolo, annettendolo a sè.

Non mi si fraintenda: non è mia intenzione affermare che l'operazione, seppur condotta un po' furbescamente, non dia i suoi buoni frutti. Da buon estimatore dei Sunn O))) sono invece qui a sostenere che il gioco vale effettivamente la candela: i Nostri, evidentemente perché il talento c'è, sono e saranno in grado di confezionare negli anni a seguire opere di valore e via via diverse fra loro. Cosa non così scontata, direi, se si pensa al genere di musica di cui stiamo discernendo.

"Flight of the Behemoth", targato 2002, ci consegna così dei Sunn O))) in forma smagliante, nella loro versione più compatta ed annichilente. E non si abbia paura se vi dico che si tratta della manifestazione più terribile che lo spirito Sunn O))) abbia mai incarnato: ribattezzati per l'occasione Mystik Kliff e MK Ultra Blizzard, Anderson ed O'Malley ci servono su un piatto di piombo cinquanta minuti di quelli che non si dimenticano tanto facilmente.

Album in grado di segnare l'evoluzione di uno stile musicale? Non saprei, quel che è certo è che la fusione fra lo stonante ultra-doom dronato dei SunnO))) e l'extreme-avant-noise di Merzbow (è questa l'asso nella manica che sfoderano quest'oggi i due volponi) è una ricetta che non trova eguali nella storia della musica. Già averla concepita è qualcosa di folle: averla messa in atto ha del diabolico. Ma procediamo con ordine.

"Mocking Solemnity" e "Death Becomes You", fuse assieme, costituiscono i 20 minuti di esercizi sabbathiani d'obbligo per un album dei Sunn O))): volumi al massimo, chitarre rivolte agli amplificatori e riff a go go. L'improvvisazione, la reiterazione, i disturbanti strascichi di feedback, il consueto massaggio a base di mazza ferrata per i nostri neuroni.

Ben più interessante, invece, l'accoppiata composta da "O)))Bow 1" e "O)))Bow 2", che vede, come preannunciato, l'intervento di Akita Masami (in arte Merzbow), alfiere dell'harsh-noise più doloroso: "Tieni i nastri e facci un po' il cazzo che ti pare", sembra esser stata l'indicazione fondamentale che Anderson e O'Malley (evidentemente già finiti artisticamente - sempre che siano iniziati...) hanno dato a Masami all'atto della consegna. E il folle manipolatore giapponese non si fa certo pregare: i 20 minuti che seguono sono la cosa peggiore che potrebbe mai capitare alle vostre orecchie. I vortici chitarristici dei Nostri vengono così rivoltati come polpi, velocizzati, rallentati, manipolati facendo ricorso ad ogni sorta di diavoleria elettronica: stridore di metalli, fischi, lamiere contorte, sbilenche frasi di pianoforte scordato, un'assordante lotta fra una motosega, un'incudine ed una saldatrice. Orecchie da buttare nel cesso.

Con il pezzo seguente salgono nuovamente in cattedra Anderson e O'Malley, che ci fanno partecipi, come se non bastasse, di un'altra decina di minuti di stra-doom senza compromessi: è la fenomenale "FWTBT: I dream of Lars Ulrich being thrown the bus window instead of my master Mystikall Kliff Burton" (titolo geniale!!!).

Solo tre parole per descrivere questa esperienza: baratro-senza-fine.

Un brano che rappresenta la quintessenza del doom, e che da solo giustifica l'acquisto dell'album: chitarre pesanti tonnellate, rintocchi di funerei campanacci, e, udite udite, schiacciato dalle basse frequenze, perfino il battito lontano di una batteria che scandisce desolante l'apocalisse sonora di questa estenuante discesa negli Inferi.

A completare il quadro: un rantolo ultra-gutturale che non sfiguererebbe nel più lurido e putrescente album Brutal Death. Le ombre che si addensano su di noi, la voce putrefatta del sadico che sentenzia la nostra imminente fine.

Il boccone è indigesto, ma guardiamoci negli occhi, ragazzuoli: le seghe mentali se questi ci stiano pigliando per il culo o no appartengono ad un altro pianeta, forse ad un'altra epoca, certamente ad un'altra vita. Aver premuto il tasto play del nostro lettore dopo aver inserito "Flight of the Behemoth", equivale a trovarsi nel bel mezzo della carreggiata ed aver alzato il dito medio contro un rabbioso tir guidato da Satana in persona: il danno è fatto, non resta che farci il segno della croce (nord-sud-ovest-est) e perire. Amen.

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