Devo dire che solamente all'ultimo mi sono deciso di andare al concerto: in primo luogo c'era purtroppo il discorso economico, infatti tra biglietto, tessera, autostrada e benzina la cosa non è stata di certo indolore; e poi devo ammettere che anche se in questo momento amo con tutto il cuore tale band, non è da molto tempo che faccio parte della loro chiesa. Fugati comunque tutti i dubbi (vista anche la partecipazione di un buon amico) ho preso la macchina e mi sono diretto in quello che è il cuore della Padania e del "celodurismo".
Si arriva all'Interzona che sono circa le 20.45, dopo aver girato inutilmente per una mezzora dentro Verona, aver assistito ad una rissa tra delle ragazze un po' colorate (così direbbe Calderoli?!) all'interno di un bar in cui ci si era fermati per chiedere informazioni, e infine aver incontrato proprio fuori dal medesimo due ragazzi che ci hanno spiegato finalmente la strada per arrivarvi. Entrati si fa subito la tessera e si paga il biglietto, senza prima aver però sottoscritto la liberatoria con la quale l'associazione culturale Intezona è esente da responsabilità qualora il concerto rechi danni all'udito dei partecipanti, e soprattutto aver preso i tappi per le orecchie. Quasi incredulo, o meglio affascinato da quest'ultimo fatto ricordo poi di aver già letto di ciò da qualche parte, ma soprattutto ripenso a quello che è il motto, o la massima dei Sunn O))) e della Southern Lord: "Maximum Volume Yelds Maximum Results". Allora capisco il nesso ed entro nella sala.
I primi ad esibirsi sono gli Eagle Twin, gruppo spalla per l'intero tour europeo nonché appartenenti all'etichetta di Greg Anderson: si tratta di un duo, chitarra e batteria, a cui di sicuro non manca estro e possenza e dall'indubbio impatto sonoro (anche se ancora non servono i tappi). Riguardo la loro musica, la locandina recitava "death metal-rock", secondo me in maniera molto approssimativa; sicuramente si può parlare di riff melmosi e interessanti cambi di tempo. Comunque sia assistiamo all'esibizione di un buon gruppo che propone buona musica, non a caso reclutato dalla Southern e degno di farvi parte.
Nel frattempo, ciò che salta subito all'occhio è la schiera di giganteschi amplificatori Sunn disposti in fila sul palco, che lasciano presagire che di lì a poco si scatenerà l'inferno, ma anche la partecipazione poco marcata della gente, che si aggira sulle cento persone o poco più, probabilmente dovuta dalla recente esibizione al Locomotiv di Bologna. Tra un' esibizione e l'altra mi guardo anche un po' intorno curioso di notare chi è il fan dei Sunn O))), e scopro che sono in presenza di un pubblico molto eterogeneo, che va dal quarantenne metallaro al ventenne di colore con indosso la t-shirt dei Wolves In The Throne Room (anch'essi compagni d'etichetta), come dire che il richiamo della band americana è abbastanza ampio. Soprattutto, a colpire la mia attenzione e quella del mio amico per qualche minuto è l'impressionante somiglianza che scorgiamo in un uomo appena salito sul palco con David Thomas dei Pere Ubu; ci immaginiamo poi, tra una risata e l'altra, come potrebbe essere stata un'eventuale collaborazione tra quest'ultimo e i Sunn O))).
Capisco che l'esibizione sta iniziando quando l'intera sala viene sommersa di "nebbia artificiale", cosparsa all'inverosimile per circa tre minuti. Non riesco addirittura a vedere più niente oltre tre metri da dove mi trovo. Ma ecco che finalmente gli amplificatori vengono accesi: ha inizio l'avventura. Riff infiniti di chitarra e basso vengono sparati a volumi sconvolgenti, è come essere schiacciati da un macigno o colpiti da un treno a tutta velocità. Piano piano incomianciano ad intravedersi delle sagome dal palco: se non sapessi di assistere ad un concerto dei Sunn O))) direi di trovarmi nell'oltretomba. I quattro sono vestiti con delle tuniche e rigorosamente incappucciati, come se stessero svolgendo un rito o una cerimonia. Intanto subentra anche la parte vocale, composta dalla figura dell'eclettico e immortale Attila Csihar, con cori di stampo gregoriano o addirittura orientaleggianti, alternati durante tutto l'arco della performance con urla e grida sapienti. Le sensazioni che si provano sono di puro terrore e forte disagio, che invece di attenuarsi crescono in maniera esponenziale durante tutto il concerto. Si tratta di un'esperienza fisicamente estenuante, la sensazione è infatti quella di un groppo alla gola per tutto il tempo. "Monoliths & Dimensions" dimostra di essere un album meditativo e spirituale, ma che non rinuncia ad attimi di pura desolazione ed angoscia, oltre che di misticismo. Significative le mani alzate prima delle riffate da parte di O'Malley e Anderson, dimostrative di tutta l'attitudine e la potenza che hanno saputo sprigionare durante i settanta minuti dell'intero live.
Tornare a casa dal concerto è stato come tornare a casa da una guerra, con tutte le ferite del caso e la consapevolezza di aver partecipato ed assistito a qualcosa di veramente grande.
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