Da sempre agitatori del sottoterra più acido e catartico dell'America contemporanea, i Super Minerals prendono posizione nel 2008 con una mole di pubblicazioni ampissima, sublimata da opere ambiziose come "The Thaw" per la Not Not Fun o quello che con il senno di poi può essere definito un supergruppo: i Magic Lantern, con Cameron Stallones (Sun Araw).
"The Pelagics", tra queste, è sicuramente il concept più a fuoco. Cinque brani, cinque zone pelagiche e cinque flussi di coscienza pressappoco infiniti. Oceano come luogo d'astrazione e perdizione, naturalismo e antispecismo. Droni interminabili, poggiati su riverberi saturi in larga scala e scampanellii affogati nell'oscillazione irregolare delle frequenze più ampie. La qualità di registrazione, invero iper approssimativa, diviene qui strumento e simbolo, significante del concept espresso dall'album, ricreando una coltre, come ascoltare l'oceano da un boombox dentro una caverna.
William Giacchi e Phil French riescono qui ad unire il puro e l'impuro, l'astrazione e l'alienazione. Una perfetta e sincretica somma delle parti, raggiunta per sottrazione.
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