La contaminazione di Post-Rock e New-Wave nei confronti dell'indie, cominciata da Cafarella, Cohen, e Moyer quando ancora si facevano chiamare El Guapo, arriva al suo esito in quest'album firmato con un nuovo nome e con un nuovo batterista.

La prima canzone, "Born Into The World", è la migliore: un'ipnotica chitarra di sapore latinoamericano viene sorretta da una base club e un basso adrenalinico. I richiami della musica afro e latina sono chiarissimi in "Everybody Sings", in cui il gruppo fa ricorso ad un sapiente e massiccio uso degli jambé. Con la terza traccia, "Defcon", comincia però un susseguirsi di ritmi e melodie che ammiccano chiaramente alla New Wave di fine secolo, e che già erano stati protagonisti negli ultimi due album degli El Guapo ("Super/System" e "Fake French"), nulla di nuovo quindi. Fa tuttavia eccezione la sognante "Six Cities", con romantici cori e un sempre corposo basso che si evolvono su una bella base di "claps". Piacevole sorpresa è poi "Devour Delight", posta in chiusura del disco, coraggiosa esplorazione nella tradizione musicale cui facevano capo i carmina burana...

"Always, Never, Again" è un'opera a tratti esaltante e in gran parte ripetitiva, che in ogni caso non penso deluderà i fan dell'indie elettronico (e degli "El Guapo").

Carico i commenti...  con calma