Lo si può definire senza alcuna remora, come l'opera più riuscita del gruppo anglo-americano. A onore del vero, dei Supertramp, ho ascoltato solo questo e qualche altro brano pescato tra le infinite sbornie dei navigatori elettronici. Opera interamente dedicata all'esperienza americana, che ha fruttato davvero molto, con un'ampia fetta di meritocrazia all'eccellente gruppo inglese che riesce a "inventare" un metodo sonoro davvero encomiabile. La peculiarità delle loro canzoni è caratterizzata da un suono estremamente pulito, fluido, prevalentemente orecchiabile. Un suono, oserei dire, magico, dotato di orchestrazioni mai scarne ma automaticamente cariche di strumenti. Sonorità che mai cedono all'allettante ricatto del riff sporco, della grevità dei commenti percussionistici, dell'ombra bolsa di bassi a volte troppo pulsanti. Eccellenti manovratori di tastiere, cori di sapiente fusione e di dolcissime chitarre elettriche, i Supertramp, con questi elementi, presentano il loro bottino che riesce a graffiare con adeguata delicatezza anche le imponenti rocce delle glorie del rock. "Breakfast in America", attualmente remixata in maniera ignobile e con-fusa con un rap improbabile, nomina l'album che si apre all'audio umano con l'assolvenza di un pianoforte solo fino all'irrompere di flessibili chitarre elettriche e la voce in falsetto, altra peculiarità, che dà fiato alle liriche. Falsetto indubbiamente efficace quanto quello dei "Bee Gees", molto meno imponente di quello di Robert Plant e tassativamente più concepibile (concedetemi la goliardata) di quello dei "Cugini di campagna" (Signore pietà!).
"The Logical Song" e "Goodbye stranger", sono due eccellenti pezzi di vera musica rock dal timbro pulito e quanto mai essenziale. La prima è un capolavoro, caratterizzato dalla sempre più convincente voce solista che plasma gran parte delle opere del gruppo. Credo che un suono scorrevole, morbido, che tocca spesso picchi di eccezionale levatura come quello dei Supertramp, sia di difficile imitazione. Si prosegue con la sincera "Oh darling", la meravigliosa "Take The Long Way Home", altro pezzo appartenente all'alto lignaggio della genealogia musicale contemporanea, la profonda "Lord Is It Mine", e via, attraversando un pezzo interessante ed uno pedante, per la rima, fino alla monumentale "Child Of Vision", brano, a mio avviso, capolavoro del disco. Padrone le tastiere, che accompagnano la traccia fino all'eccellente assolo finale, preceduto da intermezzi sempre incantevolmente puliti e da cori auricolarmente abbaglianti nel possente ritornello.
Un solo rammarico c'è da applicarlo alla poca fortuna che i Supertramp hanno ottenuto immeritatamente nel panorama musicale dell'epoca. E pensare che "Dreamer" è stata trasformata da Renato Zero in "Sgualdrina"...
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