Tra le pose orrorifiche, i costumi da zombie, le urla lancinanti a ritmo di disco-music, di tanti gruppi in preda alla febbre dark, gli Swans rappresentarono sicuramente un esempio artistico di valore inavvicinabile.
Formati all' inizio degli anni 80 da Mike Gira, un dannato del rock dal passato burrascoso, si distinsero subito per la "pesantezza" del loro suono, un carro armato devastante che mette i suoi cingoli sulle macerie dell'animo umano. Col tempo, soprattutto grazie all' innesto nel 1985 di Jane Jarboe, pianista e compagna di Gira, il suono si stempera, rimanendo sempre segnato da immani squarci di dolore, ma con un piglio più intellettuale, quasi una sorta di musica da camera gotica.
Children Of God è l'esempio di questo nuovo corso e forse rappresenta il capolavoro di tutto il dark anni 80.
Il disco si distingue subito per la notevole varietà dei pezzi. Si va dal tono lugubre da morto vivente di Gira su distorsioni heavy metal, al paradisiaco solfeggio per accompagnamento classico di Jarboe. Questo cocktail, oltre ad essere unico nel panorama, dona all'album un fascino irresistibile, ma soprattutto mette in evedenza la profondità del progetto Swans, sicuramente distante anni luce da tanti gruppi "di cartone" che imperversavano all' epoca.
Tutto il disco è permeato da un vocabolario biblico, si tratta infatti più che altro di un concept sulla redenzione e sul peccato.
La pesante cadenza di "New Mind" accoglie l'ascoltatore negli inferi dell'animo di Gira. La sua voce dal baritono luciferino declama versi duettando con un coro di dannati sullo sfondo, mentre un organo da chiesa intermittente si intromette con frasi raggelanti.
Ma subito dopo si entra nel giardino fatato di Jarboe: "In My Garden" è infatti una delicatissima nenia per la sua voce da sirena, su arpeggi di chitarra e solfeggi di flauto. Un brano pregno di misticismo, straniato e indefinibile, da paesaggio paradisiaco sul quale si percepisce un senso di tragedia imminente. Sembra quasi di ascoltare dei Popol Vuh più sinistri e angosciati.
Il cielo si fa più nuvoloso sul gospel-folk apocalittico di "Our Loves Lies", dove è Gira a fare di nuovo da padrone di casa.
Il minaccioso balletto da camera di "Blood And Honey" è un altro capolavoro di incombente catastrofe dove la voce di Jarboe diventa malefica e lamentosa, innalzata sull'altare del male da rintocchi squillanti di chitarra e frasi di elettronica plumbea.
"Girl, You Are Not Real" è un altro bellissimo folk di ghiaccio, un freddo rituale pronunciato dalla voce catacombale di Gira. La grande differenza la fanno gli arrangiamenti, dove il divario di classe rispetto al resto della compagnia emerge evidentissimo. Gli Swans dimostrano di possedere un gusto per le atmosfere tenebrose davvero raffinato, e di raggiungere nei momenti più rallentati una vera e propria stasi mistica, ai quali fa da contraltere un registro truce e dannato in quelli più violenti.
L' incubo a passo di marcia solenne di "Real Love" rappresenta l' ibrido di questi due volti. Gira si eleva a vero e proprio sacerdote, mentre un' epica fisarmonica contrappunta il tutto in un lamento da brividi.
La title-track, col suo incedere al rallenty, avrebbe potuto spopolare nei dance-floor se solo fosse stato velocizzata, invece il canto medievaleggiante di Jarboe si "limita" a concedere un altro capolavoro, su una dannata cadenza marziale e su un riff heavy-metal.
Terminato questo inquietante viaggio, non si può far altro che rimanere esterrefatti dinnanzi a questa gemma senza tempo.
Chi in futuro si confronterà col gotico-industrial, sarà sicuramente debitore verso la loro grande lezione.
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