Lo sleaze /street /glam rock (o metal come dicono alcuni) fu fenomeno dai confini che ancora oggi non sono chiari a molti. Si pensa subito a delimitare il campo alla Los Angeles Area e a puntiformi situazioni sulla east coast. Qui si fermano le conoscenze dei più. Ma il sapere umano si è così diversificato e arricchito di esperienze concrete, molte volte nascoste, in generale, che, in questo particolare caso, sarebbe da supponenti fermarsi a queste banali considerazioni ed ignorare un underground di genere molte volte sorprendente e sicuramente florido e ricco di sorprese che possono costruire la base culturale di chi ha veramente voglia di saperne di più e non lasciarsi sfuggire nulla.
Premessa dovuta per introdurre questo primo disco (di una serie di due) degli Sweet Teaze, band del Michigan con Matt Matthews alla voce, Raymond Jay Eveland agli strepiti chitarristici di ogni genere e forma, Mike Snake Edwards a battere sul basso e sulle tastiere e Dave Press a non perdere un colpo alla batteria. Il disco è un autoprodotto di quasi impossibile reperibilità sul mercato. "Do It Till It Hurtz": titolo e "z" finale che ci portano direttamente nella scena sleaze originaria e canonica. Anno di uscita del disco e di ingresso della band sulla scena è il 1989. Si potrebbe pensare quindi subito ad un "nulla di nuovo magari ben fatto". Gli Sweet Teaze, invece, si portano dietro alcune caratteristiche che li rendono interessanti interpreti di quella scena musicale. La categoria cui appartengono è prettamente sleaze /street /glam. Questo è fuori da ogni discussione. Ma c'è qualcosa che immediatamente ti fa pensare che la semplicità e la loro voglia di picchiare allo stomaco, si portino dietro un retaggio musicale e culturale di altra natura. Infatti, in "Do It Till It Hurtz" si sente una band che, pur pestando come Los Angeles comanda, mantiene vivi echi e maniere dell'adult oriented rock. Volendo essere pignoli, quello canadese. Si sente nell'impostazione del cantato (che, comunque, in alcune situazioni ricorda anche le linee vocali degli Enuff Z' Nuff) e nella ricerca del refrain da arena, alla maniera del class rock maculato di aor. Ma ciò non vi faccia dimenticare la prima parolina magica che ho messo in campo: sleaze, la dominante vera di questo esordio.
Il riff al catrame è subito servito con la titletrack opener, che gira benissimo attorno ad una chitarra irriverente e maleducata. La prima nota da registrare è una produzione un po' rudimentale che, volendo, scolla il basso dal resto degli strumenti: secondo me ha un ottimo effetto vintage, ti fa sentire che è musica di prima mano e il tutto somiglia ai primi lavori in studio di genere thrash metal e di gruppi come Exodus o Nuclear Assault. Tastiere non invadenti accompagnano la partenza di "Pink Peru" che ti fa pensare ad un classico glam ma quasi subito invece vira verso i Dalton e i Pink Cream 69, pur mantenendo una base assolutamente marciapiedesca. "Drive Me Crazy" è un po' banalotta fin dal titolo. È una traccia che poteva navigare sui livelli della sufficienza tranquillamente ma che viene davvero messa ko dal suono che non le sa dare l'impatto che dovrebbe avere. "Little Bit Of Ever" rialza i toni e sfoggia un tagliente street rock old school fatto come si deve. Probabilmente non è originalissimo ma funziona davvero tanto. "How Do You Say Goodbye" è la ballata western del disco. Per farvi un'idea, levate la patina iper-romantica ad "I Won't Forget You" dei Poison ed avrete un effetto simile ma non uguale, differenziato da una voce espressiva e convincente. "Living On The Edge" è street rock ai confini con l'heavy metal classico. Si tratta di un brano davvero duro, cupo e cantato col piglio da vocalist heavy. Gli strumenti avanzano decisi fino all'esplosione del ritornello da stadio e da grande estensione vocale. "Sweet Wize" è un brano che mostra la targa L.A. , su una cadillac in giro per lungomari in cerca di donne. "Turn Off The Lights" si vale di un riff da traino davvero originale, da manuale di taglio e cucito sleaze."The Fool" è uno street rallentato e piacione alla maniera dei maestri. In più, tastiere al vapore ai limiti della percettibilità, cotonano il pezzo con sapiente intervento. Si passa a "One Night To Love", rock n' roll da pista e sbronza ben fatto ma ancora non originalissimo. "Horse Tief" è una sorprendente chiusura da brigata. Cantano tutti proprio come cantano i commilitoni ma all'improvviso, dopo soli 42 secondi, un effetto da pile scariche interrompe tutto e il disco finisce.
Gli Sweet Teaze molto più tardi se ne escono con un vero e proprio full-lenght prodotto come si deve che, spero, analizzerò a breve. In "Do It Till It Hurtz" c'è un lavoro ricercato e da premiare, ma che si dimena spesso e volentieri tra picchi di originalità e note un po' troppo sentite. Alcuni riff sono comunque encomiabili. Debaser, lasciaci le mezze misure: questo è un 3,5 a tutti gli effetti.
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