Stivali e tacchi alti, vestiti stretti e glitterati, trucco pesante e frangette molto sixties... E' in questo modo che si presentano i Sweet nel 1974, quando decidono di dare una netta svolta alla loro identità e alla loro etichetta musicale, imponendosi come uno dei gruppi glam più affermati di tutti i tempi. Il gruppo nasce nel lontano 1965 figli di uno sconosciuto Ian Gillan: suonano prevalentemente musica psichedelica e R&B. Quando il vocalist decide di formare gli Episode Six (e più tardi unirsi ai Deep Purple), il drummer Mick Tucker e chitarrista Andy Scott acquisiscono nella band, (oltre all'articolo "The"), Brian Connolly alla voce e Steve Priest al basso/voce... Dando cosi vita al mito.
"Fanny Adams" è in assoluto il disco più duro e più caratteristico dei Sweet, e lo si potrebbe quasi definire una chicca d'altri tempi: la sua precocità nei suoni è veramente marcante, date le linee di heavy metal e l'uso dei primi sintetizzatori.
Ed è proprio con "Set Me Free", il pezzo metal per eccellenza dei Sweet, che apre Fanny Adams: stacchi potenti, rullate di batteria che viaggia per conto suo, e chitarra distorta fanno da intro a un cantato aggressivo e accattivante, subito seguito da coretti potenti e quasi lirici, e una linea musicale che non lascia prendere il fiato nemmeno per un secondo, regalando una carica inaspettata... è proprio uno di quei pezzi che si avvicina al prototipo di canzone perfetta.
Tutto il disco è comunque un susseguirsi di grandissime emozioni e canzoni degne di essere chiamate tali: "Heartbreak Today" un pezzo molto carico, accentuato dai ben riusciti e dal fraseggiare incessante della Scottiana chitarra... Per passare poi ad una "No You Don't", che riesce a disegnare un'altra evidente caratteristica della band, ovvero l'interpretazione personale e molto sentita delle linee vocale: merito del bassista Steve Priest, che spesso e volentieri accentua drammaticamente o sarcasticamente gli accenti e i toni di voce.
Tra i vari capolavori c'è sempre spazio per un momento in cui poter tirare il fiato, come la "Peppermint Twist", un semplice e rozzo rock'n'roll, che con quel ritmo trascinante, il pachuapapapapachuaaaa di sottofondo e le parole di Cuck Berry riesce sempre a trascinare l'ascoltatore. Passando di nuovo ad un pezzo dalle atmosfere più serie, "Sweet F.A." riesce ancora una volta a stupire durante il corso dell'ascolto: i sintetizzatori riescono a rendere la canzone innovativa e misteriosa, dandole quel tocco space che si incastra proprio a dovere. Un altro gran pezzo degno di lode è "Into The Night", in cui è riconoscibile una somiglianza blacksabbathiana nel cantato, mentre Tucker con la batteria continua a fare miracoli e Connolly e Priest vocalizzano in modo sublime tra coretti e voce. E come chiusura la simpatica AC/DC, riguardante la vita di una bellissima ragazza bisessuale: musicalmente è sempre ben suonata, ma come finale ci si potrebbe proprio aspettare ben altro, lo si può infatti considerare il punto più debole del disco.
Insomma... Fanny Adams è una pietra miliare, che purtroppo è troppo spesso dimenticato... sarà forse perché il glam è il genere pregiudicato per eccellenza??
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