Il punk inglese non è tutto uguale.
Forse la maggior parte dei gruppi si assomigliano, probabilmente le eccezioni sono piuttosto rare, spesso coloro che si differenziano lo fanno emigrando dalle coordinate originarie "loud, fast and violent", eliminando talora uno, ora l'altro dei cardini che delineano il genere al suo stato primario (vedi Fall, Wire o Gang Of Four).
Beh gli Swell Maps sono diversi.. e lo sono all'interno del dictat punk più preciso.
Formati a Birmingham già nel lontano 1973 da due fratellini di dodici e sedici anni cresciuti a pane e New York Dolls approdano al loro esordio sulla lunga distanza nel '79, dopo una serie di singoli, con questo "A Trip To Marineville".
E sono case bruciate e porte fracassate, sono macchine vandalizzate e strade imbrattate, sono gli inizi dei disordini più confusionali. Nikki Sudden ed Epic Soundtracks (questi i fantasiosi pseudonimi dei fratelli Godfrey) i nomi da scrivere sul registro degli indagati di questa istigazione allo stupro sonico.
La vittima sacrificale è un pianoforte, le dita assasine di Epic scivolano veementi su di esso facendolo scuotere e vibrare prima di infierire definitivamente con reiterate staffilate mortali, il sangue schizza sui muri a creare opere d'arte astratta mentre Sudden domanda: "Do You Believe In Art?" (H.S. Art è "solo" la traccia d'apertura).
Il povero strumento, dopo essere passato sotto le carezze dei vari Beethoven e Chopin, mai si sarebbe potuto immaginare di meritare una così brutta fine.
L'arma del delitto è la chitarra scordata di Nikki, seviziata e fustigata sin da piccola, è ora cresciuta deviata e schizzata, con un poster degli Stooges sopra al letto, gode terribilmente nello stringere le sue corde attorno al collo che sorregge le idee musicali più depravate del quartetto e a fungere da diversivo casinista durante il crimine (ascoltate come "Spitfire Parade" affonda sotto di essa).
La voce (sempre Nikki) è il testimone oculare, divertita e irridente, non si lascia andare più di tanto in urla terrorizzanti, preferisce sfottere la vittima in un parlato orgiastico e appagato (Full Moon In My Pocket funga da esempio).
La batteria (ancora Epic) è il complice più fidato, martella a due mani, senza soste, un colpo in testa ed uno in pancia, decisi e ben cadenzati, senza inutili virtuosismi garantisce il risultato e non lascia scampo (Midget Submarines ne è la prova).
Il basso (grande Jowe Head) è l'architetto del piano, scoreggiando in giro per il disco, svolge la difficile funzione di compattare la banda, destabilizzare il sound e dargli il tocco di genio al momento opportuno, polivalente e insostituibile, è un balordo della peggior specie ma tanto di cappello (sentire Blam! per credere).
Un synth strangolatore, uno xilofono schizzato, un handclap estasiato, strumenti giocattolo e rumori trovati vegliano su di loro avanguardando i dintorni (spiazzante l'acquosa Harmony In Your Bathroom, incredibile l'aleatoria, pereubiana Adventuring Into Basketry).
Infinitamente più consapevole della media degli album del genere, "A Trip To Marineville" incarna la lucidità celata dietro alla voglia di sfasciare il mondo degli adolescenti inglesi alla fine degli anni settanta, è la prova che quei loosers sapevano benissimo cosa realmente era ciò che cercavano di distruggere.
Tutt'altro che degli sprovveduti gli Swell Maps creano l'opera punk più d'avanguardia, sbilenca e sballata, affondata nel rumore più cacofonico, attraversata da continui diversivi sonori che non consentono di installarne il baricentro.
Per chi ama il noise e chi crede che la gioventù sonica sia solo figlia della no-wave.
Assolti!
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