Un uomo solo..

Ho sempre sviluppato una simpatia per i menestrelli impazziti, quelli che sperimentano, e vivono in bilico tra la veglia e il sonno, quelli che viaggiano..

Questo non è un semplice disco, questo è un flusso di coscienza, è un soliloquio, e si badi bene un soliloquio e non un monologo, perché a Syd non gliene fregava un accidente che agli altri "arrivasse" un suo messaggio, lui, ricercava un senso per se stesso, lo ricercava fra le stelle dei primi viaggi spaziali coi suoi Floyd, lo ricercava tra le corde acide della sua chitarra e lo rigurgitava più volte prima di cantarlo, lo soffiava, rilasciandolo piano piano,come se non avesse voglia di comunicarlo, con un distacco ed una freddezza romantiche, gelide, dis armanti..

Barrett nel suo non voler essere compreso, al tempo stesso finiva per esserlo, poiché ogni nobiltà di gusto e di spirito, ogni forma d'arte, nel momento stesso in cui viene esplicitata, si sceglie anche i suoi ascoltatori, ove trova partecipazione, tracciando i suoi confini nei riguardi degli altri..

Tutti gli artifici stilistici tengono così a un tempo lontani, creano distanza, interdicono l'"accesso", mentre aprono, spalancano le orecchie di coloro che a quel discorso sono affini.

Diventa quasi superfluo descrivere i singoli pezzi di questo squisito, delicato, viaggio nella psiche di un uomo che, vede nella pazzia il nodo più sincero, più vero, per tracciare una linea di conoscenza, il nostro Syd infatti, credeva che il cervello, così come gli organi di senso, fungessero da "mediazioni" verso la realtà circostante,questo suo credo, se da un lato lo portava ad una presa di coscienza nei riguardi di un relativismo totale per la mancanza di una qualsiasi forma di verità trascendentale, dall'altro lo ha portato al dissinestare il suo organo cerebrale, facendolo a poco a poco "saltare in aria", con i trip lisergici, con l'LSD, chi ne ha più ne metta..

Questa sua scelta del ramo dell'incoscienza, gli ha consentito di scrivere melodie stravolgenti, aspre, dall'incipit di "Baby lemonade" che apre la seduta di psicanalisi,suono sinistro e crudele come a presagire un non-ritorno da questa non-realtà, anche se lo spavento sembra subito svanire, perché Syd in questo marasma di suoni,colori, luci e ombre ci sguazza come un pesciolino rosso in una boccia di vetro, si trova perfettamente a suo agio... e con i pezzi succesivi, dalla tenera "Love song" a "Maisie"," Gigolo Aunt" ,"Waving my arms in the air" sembra di assistere ad uno di quei quadri di Escher, composto da scalinate infinite e senza alcuna uscita, o di leggere la poesia "le Voyelles" di Rimbaud, viene così suggellato un andirivieni estasiato, Syd sta cadendo in un pozzo ma sembra trovarci godimento, dato che non fa niente per non cadere sepre più in basso....

Sono pezzi dal cantato lascivo e sofferto, ma anche arrogante, caratterizzati dalla crescita di una tensione trattenuta e che non esplode mai, così come le melodie, sempre trattenute e mai scontate, e nel momento in cui stan per essere rivelate, vengono storpiate, imbruttite e velate dal non-senso, come degli scherzi della natura, come dei "free-form freakout" zappiani. Ma l'autore, come detto, non vuole fornire nel testo la chiave che ci permetterebbe di dissipare ogni "oscurità" del suo animo, e per fa ciò si avvale di una polisemia e di una prospettva ambigua che si evince dai testi, e lo fa semplicemente perché anche lui sta vivendo uno stato di incertezza, anche lui sta cercando un senso, e così elimina l'univocità, e rappresenta le sensazioni con una indefinitezza fluida, come accade nei sogni, usa il linguaggio onirico per esprimere ciò che gli detta il suo inconscio.

La resa dei conti arriva, se vogliamo con "Dominoes", che reputo,insieme all'incalzante e schizofrenica "Rats", il vero capolavoro dell'album; qui le parole fanno davvero fatica ad uscire, sono appena appena sussurrate, come se fossero estratte parsimoniosamente con una pinzetta senza provocar alcun dolore, causano solo l'irreversibile fastidio di un pizzico cronico, irrisolto, ed ecco come, una volta per tutte, senza ricami o inutili sproloqui, dal simbolismo serrato e dallo spessore semantico si erge un unico, inequivocabile...

"You and I, you and I and dominoes, time goes by..."

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